L’imam nel mirino degli 007: il dossier dei Servizi segreti punta sulla Campania

L’imam nel mirino degli 007: il dossier dei Servizi segreti punta sulla Campania
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 8 Settembre 2017, 23:57 - Ultimo agg. 11 Settembre, 09:27
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Esiste una rete internazionale del terrorismo islamico che si ramifica dallo Yemen alla Tunisia, passando dal Qatar, per arrivare in Veneto e in Puglia fino ad alcune moschee del Casertano già finite al centro di indagini della magistratura. Un’attenzione su questa organizzazione che – soprattutto da parte dell’intelligence - non è mai scemata del tutto attraverso inchieste che durano da quasi dieci anni e che nell’agosto scorso portarono all’arresto di un factotum tunisino della moschea di San Marcellino, in provincia di Caserta, che su Facebook si professava «Isissiano fino alla morte».

Il triangolo del radicalismo islamico tra Campania, Puglia e Veneto segue – secondo fonti qualificate - uno schema ben preciso. Nelle due regioni del Sud gli imam radicali si occupano dell’accoglienza e dell’indottrinamento dei neofiti, in Veneto invece seguono gli step della preparazione al jihad e all’invio dei soggetti più adatti da inviare per le missioni. Un modello organizzativo che cerca di sfruttare i collegamenti già esistenti nel nostro Paese e pure alcuni contatti con la criminalità locale per l’approvvigionamento di documenti contraffatti.

Tra i personaggi della rete finita nei rapporti dell’intelligence risultano circa trenta soggetti di varia nazionalità, in prevalenza algerini. Dell’organizzazione fanno parte anche tre marocchini, un nigeriano e uno yemenita. Proprio questo 44enne dello Yemen, A.G.A.S. le sue iniziali, è deputato a mantenere i contatti con le varie comunità sul territorio nazionale, tra cui anche il Casertano. Per questo genere di contatti, nel 2009, finì al centro di un’inchiesta della procura di Venezia anche l’imam tunisino della moschea di San Marcellino, Nasser Hidouri, ma nel 2011 la posizione dell’uomo venne archiviata. Eppure appena un anno fa, proprio nella sua moschea, si realizzò l’arresto del tunisino Eddine Khemiri, con l’accusa di essere il capo di una banda di trafficanti di migranti che portarono alla cattura di altri otto stranieri per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla falsificazione di documenti.

Dai rapporti d’intelligence sembrano emergere prove indiziarie piuttosto significative a carico dell’organizzazione, ma gli 007 italiani non possono far altro che continuare a monitorare i soggetti sorvegliati per cercare di impedire – come avvenuto anche in passato – che la rete possa passare dalle parole ai fatti organizzando attentati. La magistratura, invece, non procede agli arresti perché già troppe volte l’intervento giudiziario non ha portato i frutti sperati e i soggetti indagati sono stati spesso assolti. 

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