Oltre lo choc per la perdita di una vita di soli diciott'anni, c'è la rabbia di vedere rovinata per sempre l'esistenza di un ragazzo di sei mesi più grande della sua vittima. Sul basolato di via Vico a Caserta è rimasto il sangue di Gennaro Leone, promessa del pugilato, scout, atleta della Nazionale, ma si sono arenate anche le speranze di un futuro «normale» per Gabriel I., il diciottenne di Caivano accusato di aver sferrato il fendente mortale al suo coetaneo. Le storie dei protagonisti della tragedia di via Vico hanno tanti punti di contatto, alla luce dei quali non ci si può ridurre alla narrazione di un drammatico incontro tra un «buono» e un «cattivo». Vittima e carnefice erano entrambi «bravi ragazzi», provenienti da famiglie perbene, neomaggiorenni senza grilli per la testa, nessun problema economico, mai una compagnia sbagliata. I punti di contatto, dunque. E non solo per l'età di vittima e carnefice, per l'amore di entrambi per la boxe (uno era un pugile, l'altro un appassionato), ma anche per la scuola che entrambi hanno frequentato, l'Itis Ferraris di Marcianise dove Gabriel si è diplomato con un buon voto a luglio e Gennaro era al quarto anno. Ed è dai banchi di quella scuola che la notizia che Gabriel possa aver commesso un gesto tanto violento sembra stridere con l'idea che di lui hanno insegnanti ed ex compagni di classe.
Gabriel non solo frequentava con profitto, ma era anche rappresentante di classe e si era reso, nel tempo, autore di una serie di iniziative per la legalità. Una attitudine di famiglia, visto che uno zio del ragazzo gestisce, da tempo, a Pascarola, un centro sportivo che si occupa anche del recupero di ragazzi a rischio.
È una generazione di «guappi per caso» quella che anima le notti della movida. Lo prova la tremenda storia di Caserta. Anche il ragazzo più mite, proveniente dalla famiglia più attenta, può improvvisamente trasformarsi in un assassino. Solo per uno «sguardo di troppo». È il movente. Molti dei suoi coetanei presenti sabato in via Vico hanno detto ai carabinieri che «tanti escono di casa col coltello, il sabato sera, per una questione di sicurezza». Una risposta inquietante che la dice lunga sull'emergenza giovani che si è riaccesa con lo stop al coprifuoco. Gabriel, dal canto suo, è finito in carcere meno di ventiquattr'ore dopo avere inferto il colpo mortale a Gennaro e quando il pm lo ha interrogato, se in un primo momento ha cercato di negare, di fronte al video in cui lo si vede avventarsi sul pugile, è scoppiato in un pianto a dirotto. «Quel coltello l'ho trovato - una parte della sua drammatica e frammentata confessione - Non mi sono reso conto di averlo colpito così forte». Dopo la sua fuga, Gennaro è sopravvissuto per un paio d'ore. Il coltello è scomparso.
Sei mesi fa, prima di compiere diciott'anni, Gabriel sarebbe finito in un istituto per minori. Ma ormai è «grande» e quella di ieri è stata la sua seconda notte nel reparto per detenuti comuni del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. Tra assassini, ladri, spacciatori, truffatori e tossicodipendenti. Una situazione che di certo avrà forti ripercussioni psicologiche su un ragazzo che, in pochi istanti di follia, si è rovinato la vita e l'ha tolta a un suo coetaneo. Oggi il gip deciderà sul fermo del pm spiccato sulla scorta delle indagini dei carabinieri di Caserta, diretti dal capitano Pietro Tribuzio, coordinati dalla Procura diretta da Maria Antonietta Troncone. Contro Gabriel ci sono video e testimonianze e la sua stessa confessione. Domani, sul corpo di Gennaro, sarà eseguita l'autopsia. Venerdì, a San Marco Evangelista, i funerali. Il sindaco ha disposto il lutto cittadino. L'intero paese è sotto choc.