Intestazione fittizia di beni: per questo reato il tribunale di Cassino ha condannato a tre anni di reclusione Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco detto Sandokan, oggi collaboratore di giustizia. A vergare la sentenza sono stati i giudici del collegio penale presieduto da Alessandro Cananzi. Nel dispositivo, però, oltre che all’interdizione di Nicola Schiavone dai pubblici uffici per cinque anni, viene anche richiesta la confisca di beni mobili, immobili e quote societarie «relative alla Zt Auto srl intestati a Luigi Zonfrilli. Ovvero beni, titoli o altre utilità delle quali il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona, fino alla concorrenza della somma di 200 mila euro».
La condanna di Nicola Schiavone è l’atto conclusivo dell’indagine «Giada» che nel 2015 portò all’arresto dello stesso rampollo più volte ‘intercettato’ dalle forze dell’ordine tra Cassino, Castrocielo, Pontecorvo e Frosinone. L’indagine della Guardia di Finanza del Gruppo di Cassino ha visto assolvere, in primo grado, dai giudici del tribunale di Cassino, quasi tutti gli imputati. La posizione di Nicola Schiavone è stata stralciata.
Nell’inchiesta finirono coinvolte anche persone residenti a Roccasecca, Castrocielo, San Giorgio a Liri, Villa Santa Lucia, Scampia, Monte San Giovanni Campano e Cellole in provincia di Caserta.