Scandalo rifiuti, saga degli Orsi:
prescritte o nulle le accuse al re di Eco4

Sergio Orsi
Sergio Orsi
Marilu Mustodi Marilù Musto
Domenica 3 Aprile 2022, 00:09 - Ultimo agg. 15 Aprile, 22:40
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Quattro anni per un processo che tratta eventi ricostruiti dalla Dda di Napoli nel 2017 e risalenti a 12 anni fa. Dieci minuti per leggere una sentenza. Il risultato? I reati ipotizzati nei confronti di Sergio Orsi, imprenditore dei rifiuti e della ditta Eco4, sono prescritti. Con lui erano imputati anche Enzo Papa e Antonio Mone, quest’ultimo considerato dalla procura Antimafia una sorta di «testa di legno» degli Orsi. 

Altri, come l’estorsione, sono stati derubricati in reati minori e, quindi, non si procede. È finita con una sentenza chiara, tombale, emessa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere - prima sezione, presidente Caparco - una storia che si trascinava da dieci anni e più.

Oltre a Orsi senior (considerato dalla Dda imprenditore legato a Nicola Cosentino) nel procedimento compariva il figlio di Sergio, Adolfo, insieme a Francesco Salzano e a Ugo di Puorto, padre del camorrista Sigismondo. Tutti sono stati assolti. L’inchiesta della Dda travolse anche il comune di Grazzanise con Mattia Parente dell’ufficio finanziario comunale comparso in udienza come parte offesa. 

La storia inizia nel 2009 quando, uscito dal sistema di protezione del Ministero (dopo l’uccisione del fratello Michele), l’imprenditore Sergio Orsi viene arrestato. A dirigere gli affari della famiglia Orsi di Casal di Principe c’è il figlio Adolfo, impegnato a recuperare i camion e gli autocompattatori della ex Florambiente (società precedente alla Eco4) sparsi nei depositi di Grazzanise e Falciano del Massico. Ed è qui che sorgono i primi problemi. La società degli Orsi ritiene di vantare un credito nei confronti del Comune di Grazzanise di circa 62mila euro. E insiste su questo punto. Adolfo Orsi, dunque, chiede una mano a Enzo Papa per riprendersi ciò che percepisce come suo. 

Per recuperare i mezzi di Grazzanise - stando al racconto degli imputati - Raffaele P., ex amministratore della ditta «Sia» (sempre vicina agli Orsi) avrebbe chiesto ad Adolfo Orsi 30mila euro di affitto per gli anni in cui i camion erano rimasti lì. Ma c’è un intoppo: non ha stipulato un contratto in precedenza. A quel punto, viene chiesto a Francesco Salzano di parlare con Raffaele P. per rabbonirlo. La chiacchierata sarebbe andata a buon fine: Raffaele P. desiste e lascia perdere i 30mila euro. Stessa dinamica avviene per altri mezzi depositati a Falciano del Massico e pure nei confronti di Mattia Parente del Comune di Grazzanise. Sono anni in cui il manipolo di sicari che fa capo al killer Giuseppe Setola fa ancora paura, nonostante sia stato fermato a suon di manette, indagini e pentiti dell'ultima ora. Nicola Schiavone, il figlio di Francesco «Sandokan»  fra il 2009 e il 2010 è potente e la sua egemonia si sente come un velo spalmato sul territorio. Così, gli Orsi - stando all’accusa dei carabinieri di Grazzanise - utilizzano «pedine» che potrebbero intimorire gli interlocutori. La strategia funziona. Per parlare con Mattia Parente (il quale avrebbe sempre campato pretesti pur di non lasciare campo libero), Adolfo non va solo, ma accompagnato da Benito Natale. Il tutto viene contestato dalla Procura di Napoli: le due presunte estorsioni, però, cadono clamorosamente durante il processo in tribunale e l’accusa viene riqualificata con «esercizio arbitrario delle proprie ragioni» dai giudici. Non essendoci querela di parte, il processo finisce con il nulla. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Carlo De Stavola, Rocco Trombetti, Paolo Raimondo, Francesco Parente e Giuseppe Stellato. 

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