Rubò lingotti e droga in Tribunale, condannato a dieci anni

Aveva fatto sparire 13 chili di droga, diversi lingotti d'oro e preziosi dal caveau del Palazzo di Giustizia

Rubò lingotti e droga in Tribunale, condannato a dieci anni
di Biagio Salvati
Venerdì 25 Novembre 2022, 09:56 - Ultimo agg. 11:03
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Dopo sei anni dalla condanna di primo grado e la conferma in Appello, lo scorso marzo, anche la Cassazione ha confermato la condanna a dieci anni di reclusione per un ex commesso del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, accusato del furto di 13 chili di droga, diversi lingotti d'oro e preziosi fatti sparire dal caveau del Palazzo di Giustizia presumibilmente prima del 2015, anno in cui fu avviato un accertamento. L'uomo, Donato Longallo, fu incriminato con un assistente giudiziario e un cancelliere che sono stati assolti per alcuni reati ma resta il mistero sul fantomatico militare della Guardia di Finanza di Caserta e uno di Napoli che avrebbe preso in consegna a dire di Longallo i reperti.

Una fuga di notizie permise ai dipendenti dell'ufficio Corpo reati di mettersi in allerta e cercare di depistare le indagini. L'ufficio Corpo reati si presentò come una «gruviera» al punto da consentire ai dipendenti dell'ufficio finiti nel mirino di comprendere di essere intercettati e cercare di far ricadere la colpa degli ammanchi su altri.

La sentenza era stata appellata dal commesso, ma i giudici della Corte Suprema hanno confermato il verdetto dei colleghi campani.

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Dalla motivazione della sentenza, aveva fatto rilevare la difesa, «risulta tuttavia lo stato di caotica disorganizzazione in cui versava il deposito dei corpi di reato del Tribunale, sprovvisto di sistemi di controllo a presidio dei locali e frequentato da personale inviato alla bisogna, spesso privo dei necessari requisiti professionali (come lo stesso Longallo), sicché alle stanze in cui erano depositati i reperti poteva accedere chiunque, né vi era certezza in ordine al momento del fatto, essendo stato l'ammanco scoperto a distanza di mesi». Per Longallo l'imputazione era quella di peculato e illecita detenzione di droga.

Il materiale mai ritrovato di cui si è appropriato, secondo il verdetto, faceva parte di reperti e prove di procedimenti penali in corso. L'ufficio dal quale sparono i reperti venne imbottito di cimici e i telefoni di tutte le persone coinvolte messi sotto intercettazione; furono interrogati a ripetizione i funzionari e gli impiegati dell'Archivio in quanto, in quel periodo, i due locali erano un tutt'uno.

Salta fuori, in quel frangente, un'istanza che il cancelliere aveva inoltrato alla dirigenza dell'Ufficio nella quale lamentava «le scarse condizioni di sicurezza dei locali in cui si trova il caveau» e chiede di «essere trasferito perché, se succede qualcosa o si verifica un ammanco, non voglio responsabilità»:parole che sembrarono profetiche ma per il gip furono un «alibi» con il quale preparava il terreno a ciò che avverrà il successivo 13 maggio quando, mentre è in ferie, il cancelliere avrebbe ordinato a Donato Longallo, l'autista diventato commesso autorizzato, non si sa da chi, a svolgere funzioni di impiegato .
 

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