Scatole vuote, così le aziende confiscate

Scatole vuote, così le aziende confiscate
di Fabio Mencocco
Giovedì 7 Dicembre 2017, 08:53
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Imprese sequestrate e difficoltà di gestione, ma anche legge regionale e problema dei lavoratori. Sono questi i temi trattati durante il convegno organizzato a Santa Maria la Fossa, in un bene confiscato alla Camorra, da Agrorinasce e la CGIL di Caserta, con il patrocinio della Camera di Commercio di Caserta, di Confindustria Caserta e degli Ordini dei dottori commercialisti di Caserta e Napoli Nord. Appuntamento che ha messo in mostra numeri particolari, se si pensa che sul palcoscenico nazionale ci sono oltre 13mila attività sequestrate, di cui 409 sono operative in Campania, secondo gli indicatori di Infocamere. Di queste 65 sono attive in provincia di Caserta e rappresentano quasi il 16% della fetta totale. Delle imprese casertane che soddisfano gli indicatori, tra cui bilanci presentati e pagamento del diritto camerale, solo per 46 l’Inps è in grado di fornire il numero di addetti, che è di 329 impiegati che prestano la loro attività principalmente in aziende che si occupano di edilizia, commercio e agricoltura. Per la restante parte si nascondono «scatole vuote» come ha sottolineato Tobia Ascione di Infocamere, che ha presentato la ricerca risalente a settembre 2017.
E’ in questo contesto di sommerso e di difficoltà economiche che si incentra il lavoro degli amministratori giudiziari, chiamati a gestire imprese che per anni sono state sotto il controllo della criminalità organizzata: «Il problema più grande è quello della revoca del credito da parte delle banche, che scatta quasi sempre quando l’azienda va in amministrazione controllata» dice l’amministrazione giudiziario Gianluca Casillo, che aggiunge: «L’assenza di fondi determina mancanza di investimenti e talvolta anche il fallimento dell’attività». Fallimento che si ripercuote anche sui dipendenti, che molto spesso lavorano in nero o sono sottopagati. Proprio in questo scenario si inseriscono le nuove normative, come la modifica le modifiche introdotte al Testo Unico Antimafia, che puntano a «tutelare principalmente il lavoratore dell’azienda sequestrata» ha detto il magistrato Nicola Graziano che insieme con il Gip del tribunale di Napoli Nord Livia De Gennaro, ha scritto il libro La Nuova legislazione antimafia. «Con la riforma si vuole dimostrare che lo stato può convertire le aziende che precedentemente erano sotto il controllo della camorra, facendole funzionare sia dal punto di vista economico, ma soprattutto da quello legale». Anche la Regione Campania si sta attrezzando per adeguare la legge del 2012 alle «sfide e ai problemi attuali» dice Vincenzo Viglione componente e segretario della commissione beni confiscati. La nuova normativa, votata all’unanimità in commissione e che si appresta ad essere discussa in consiglio, si pone come obiettivo quello di dare sostegno ai comuni affinché le imprese possano rientrare in un circuito strutturato di legalità, oltre che offrire un aiuto a star up e realtà già affermate.
«I beni confiscati possono essere una grande opportunità di crescita anche per i commercialisti» ha detto Luigi Pezzullo, segretario dell’ordine dei commercialisti di Caserta. Proprio per questo entro breve, così come disposto dalle nuove normative, sarà attivo un tavolo provinciale che si occuperà della questione, ma ancor prima che «si attendano i decreti attuativi è necessario che autonomamente ci si organizzi per trattare i problemi del casertano» ha detto il segretario di Cgil Caserta, Camilla Bernabei. C’è comunque fiducia sia sul fronte del recupero dei beni sottratti alla camorra, con il sindaco di Santa Maria la Fossa, che ha illustrato il primo piano di economia sociale messo in atto sulla ex Cirio, sia dal punto di vista delle imprese che a «Caserta, nonostante la crisi, continuano a nascere in maniera strutturata» come ha sottolineato Tommaso De Simone, presidente della locale Camera di Commercio. 
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