Su Ischitella scende una pioggia leggera, fili di neve ghiacciata. Il sole è nascosto da una foschia tetra. Una macchina costeggia il marciapiede, tampina un’avvenente bionda in tacchi a spillo. Lei s’abbassa nel finestrino, un secondo dopo monta in auto. L’utilitaria procede fino a un albergo con la facciata di un barocco anni 80. I due scendono, si dirigono nella hall. Scompaiono nel palazzotto. La prostituzione bianca ha trovato rifugio da tempo, e più che mai in pandemia, nei motel che sopravvivono sul Litorale Domitio nonostante il turismo, da queste parti, sia un sogno rimasto ben chiuso nel cassetto. Romene e albanesi ancora le si vede per strada, solo di giorno, come è sempre stato. La notte è delle ragazze di colore, ma sulla Domitiana, ormai, se ne vedono davvero poche. Libere, finalmente? Niente affatto. La pandemia non le ha salvate, le ha rese semmai ancor più schiave. Perché se prima del covid le madame le mandavano sulla strada dal tramonto all’alba, ora le tengono chiuse nelle connection house. Sono almeno ottanta le case chiuse gestite da nigeriani nella sola Castel Volturno, con concentrazioni a Pescopagano e Destra Volturno. Ottanta covi dove, da quando il covid ha stravolto il mondo, le giovani vittime della tratta sono rinchiuse e ricevono quasi esclusivamente clienti connazionali.
I nigeriani pagano 5 euro, mentre per gli italiani la «tariffa» è di 20.
Il traffico di droga conferisce ai gruppi nigeriani autonomia e potere. Oggi in che rapporti sono i clan casertani con la mafia nera? «Per gli stupefacenti ci sono continui contatti con la malavita del basso Lazio: vengono a Pescopagano a rifornirsi. Quanto alle cosche locali, apparentemente allo stato attuale le due mafie non sono in contrasto tantomeno sembra esserci un rapporto di soggezione da parte degli africani. Cinque, sei famiglie nigeriane si dividono i proventi della droga che transita dalla Tanzania all’Olanda, la regia resta in Piemonte dove vivono i capi degli Eye, il gruppo più radicato a Castel Volturno». Piove più forte, intanto, su Castel Volturno. Un’altra ragazzina rumena ammicca a un finestrino e poi sale su una berlina ammaccata. È ormai buio. Sul marciapiedi a Ischitella resta solo una giovane bianca. Fuma e aspetta. Le schiave nere non ci sono. Sono chiuse nelle prigioni delle connection house. Fuori piove a dirotto, e piove di più ogni volta che un piano di recupero muore sulla carta delle promesse.