Scotti, la lunga notte della fuga
dal reparto del cognato medico

Scotti, la lunga notte della fuga dal reparto del cognato medico
di Mary Liguori
Giovedì 25 Luglio 2019, 08:00
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La guerra delle guerre di camorra, nel ‘79, fece registrare 71 vittime. Fu uno degli anni meno sanguinari della faida tra la Nco di Raffaele Cutolo e la Nuova fratellanza, poi Nuova Famiglia, di Carmine Alfieri, Pasquale Galasso, Luigi Vollaro.

Il bilancio dei morti ammazzati di quell’anno fu meno grave di quelli degli anni successivi, tuttavia il 1979 segnò uno spartiacque nella storia della criminalità organizzata campana. Risale al 10 maggio di quell’anno l’omicidio del rapitore di Gaetano Casillo, un bambino di dieci anni della cui liberazione, successivamente, si vanterà Cutolo. L’omicidio del sequestratore fu preceduto da una telefonata a Il Mattino. Risale a quello stesso anno, la cattura di Raffaele Cutolo, dopo la precedente e rocambolesca fuga dal manicomio criminale di Aversa. Prese lo scettro sua sorella, Rosetta, attorniata da una corte di fedelissimi di suo fratello, tra i quali Pasquale Scotti. Era giovane, sanguinario, vendicativo. Scotti era il capo della batteria di fuoco di Cutolo. Quell’anno, il 1979, sua sorella, Vincenza, biologa, convolava a nozze con un giovane medico, poi specializzando in Patologia clinica, decenni dopo primario di quel reparto all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, il dottor Angelo Costanzo.

Lo stesso ospedale che, nel 1984, fu teatro della misteriosa fuga di Pasqualino ‘o collier. Che, raccontano le cronache dell’epoca, catturato con Mario Marra nella «sua» Caivano dopo un conflitto a fuoco, iniziò quasi subito una inaspettata quanto poco convincente collaborazione con la giustizia.

Da pentito, chiese e fu accontentato, di essere rinchiuso in un carcere segreto. Era il 1983. Un anno dopo la ferita riportata alla mano durante la sparatoria si aggravò e chissà come Scotti fu trasferito proprio all’ospedale di Caserta. Dove i magistrati ordinarono che fosse rinchiuso in una stanza isolata dell’ultimo piano e che fosse controllato a vista. Non bastò. La notte di Natale il sicario più spietato delle legioni cutoliane fuggì e per trentuno anni di lui non si seppe più nulla. Quando, tre anni fa, è ricomparso, a Recife, sotto le mentite spoglie di Francisco De Castro Visconti, con tanto di moglie e prole brasilian al seguito, si ipotizzò che potesse svelare i tanti misteri degli anni delle trattative tra Servizi, camorra, Br. Niente di tutto ciò è accaduto. Scotti si è pentito, ma per i magistrati della Dda le sue «rivelazioni» sono state inutili e fuorvianti. Ci si aspettava che legasse tra loro quei fili spezzati di apparati dello Stato deviati, che riferisse chi, come, perché aiutava Cutolo e il suo entourage. E in che modo il capo dei capi della Nco fosse riuscito a dialogare con pezzi da novanta della politica dell’epoca. Chi, infine, lo aiutò, Scotti, a fuggire dall’ospedale di Caserta la notte di Natale del 1984. Ma Pasqualino ‘o collier in merito ha riferito una storia in parte credibile, in parte assurda. 

Ha detto che il piano di fuga era premeditato e che si fece trasferire di proposito a Caserta. E questo lo si poteva facilmente immaginare. Che, ancora, ad aiutarlo furono dei carabinieri. Aggiunse, ‘o collier, ancora, che mentre i militari infedeli lo scortavano fuori dall’ospedale, si imbatterono in un posto di blocco della polizia e lui, solo e ferito, spaventato, riuscì a scappare sia alle divise amiche che a quelle nemiche per poi scomparire nel nulla. Nessun riferimento, da Scotti, sui legami di parentela che vantava in ospedale. Non una parola su quel cognato che, cinque anni prima dell’evasione, era stato assunto al Sant’Anna di Caserta e, quello stesso anno, aveva sposato sua sorella. Un caso? Chissà. Che Scotti non abbia detto la verità durante la sua seconda breve collaborazione con lo Stato è chiaro dal fatto che la Dda lo ha escluso dal programma quasi subito, scaricandolo di fronte alle responsabilità degli ergastoli incassati per sei omicidi. Meno di un sesto di quelli che avrebbe commesso insieme al suo commando. Eppure, alla luce di quanto emerso ieri dall’inchiesta dei Nas, con la sorella di Scotti e il marito primario fino all’anno scorso a fare del Sant’Anna una «cosa tutta loro», vengono dei dubbi sulle reali aderenze che Scotti aveva nel 1984. Su chi aprì la porta della stanza dove era piantonato. Dubbi che con tutta probabilità resteranno tali. Misteri che Scotti, Cutolo e tanti altri forse si porteranno nella tomba.  
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