Si accusano a vicenda del delitto,
condannati alla stessa pena

Si accusano a vicenda del delitto, condannati alla stessa pena
Mercoledì 20 Ottobre 2021, 19:50
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La Corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato a 23anni di carcere il tunisino Mohamed Soussi, di 39 anni, e il 53enne della Costa d'Avorio, Assan Majed Osseran, per l'omicidio del 30enne nigeriano Anthony Amadi, avvenuto la notte tra il 26 e 27 febbraio 2020 a Castel Volturno. La vittima fu uccisa con una pugnalata al cuore dopo essere stato inseguito in auto dai due imputati, ognuno  aveva un motivo per avercela con Amadi. Durante le indagini e il dibattimento, Soussi (difeso da Giuseppe Guadagno) e Osseran (assistito da Paolo Di Furia) si sono accusati a vicenda, ma alla fine la Corte presieduta da Roberto Donatiello (giudice a latere Alessandro De Santis) ha riconosciuto la colpevolezza di entrambi, escludendo alcune aggravanti e concedendo le attenuanti come richiesto dai difensori. Il pm Nicola Camerlingo aveva invece chiesto l'ergastolo, indicando nella requisitoria Soussi come probabile esecutore materiale, visto che sul corpo di Amadi furono trovate tracce di sangue risultate riconducibili, tramite l'esame del dna, al tunisino.

La difesa ha eccepito che le tracce erano state lasciate sul corpo della vittima perché il tunisino aveva cercato di soccorrere Amadi.

Dopo il delitto, Soussi e Osseran chiamarono infatti il 118, salvo poi dileguarsi ed essere reperiti dalle forze dell'ordine per essere ascoltati come persone informate sui fatti.

I due furono fermati su ordine della Procura di Santa Maria Capua Vetere dieci giorno dopo l'omicidio, il 7 marzo 2020. Dal dibattimento è emerso che Soussi e Osseran incrociarono Amadi che viaggiava in auto, e si misero ad inseguirlo a bordo di un'altra vettura per interessi diversi: Soussi, meccanico con precedenti per droga, voleva recuperare l'auto dove viaggiava la vittima, che a suo dire gli era stata rubata nell'officina dove lavorava, mentre Osseran voleva recuperare dei soldi che insieme con alcuni amici aveva consegnato ad Amadi per una partita di droga mai ricevuta. Dal dibattimento non è emerso con certezza chi dei due abbia colpito la vittima, ma il fatto che entrambi avevano un movente, che li ha portati alla identica condanna.

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