Torna il racket dei campi, vittima
si ribella: arrestati due dei Casalesi

Torna il racket dei campi, vittima si ribella: arrestati due dei Casalesi
di ​Mary Liguori
Sabato 22 Settembre 2018, 08:00
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Formalmente non è affiliato ad alcun clan, ma tutti sanno che Tommaso Diana è il fratello del pregiudicato Giovanni, da tempo detenuto per associazione di tipo mafioso. Famiglie di agricoltori prestate ai Casalesi negli anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo in quelle campagne che sono la linfa vitale per tanti onesti imprenditori di Mondragone e Sparanise. Il racket dei suoli, gente costretta a lasciare i propri appezzamenti di terra per volere dei clan, è tornato. Ma ha perso vigore perché oggi c’è chi si ribella.

Come è successo nel maggio scorso quando il proprietario di un’azienda agricola di Sant’Andrea del Pizzone si è presentato dai carabinieri e ha denunciato di aver subito minacce di morte da Tommaso Diana e da un ragazzo di 24 anni che, a quanto pare, vive nella sua ombra.

Da ieri entrambi, sia Diana che il suo «soldato», che si chiama Davide Natale ed è di Macerata Campania, sono agli arresti. Su richiesta del sostituto procuratore Antimafia Alessandro D’Alessio il gip ha disposto il carcere per Diana e i domiciliari per Natale. Con l’accusa, per entrambi, di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri dai carabinieri della compagnia di Mondragone, diretta dal capitano Luca Gino Iannotti, ricostruisce uno spaccato del fenomeno delle agromafie.

La vittima, che gestisce un’azienda agricola in cui si coltivano prevalentemente pomodori e ortaggi, riceve la prima «bussata» a maggio, nel periodo più florido per questo genere di attività. «Da qui te ne devi andare, queste campagne ci servono». Il primo contatto è aggressivo ma non minaccioso quanto il secondo. Successivamente, infatti, le richieste si sono fatte più pressanti e, per piegare l’imprenditore, Diana gli avrebbe ricordato lasua parentela criminale, quwel fratello ritenuto appunto affiliato ai Casalesi. E, per rincarare la dose, gli dice che se non esegue i suoi ordini, saranno guai. Minacce di morte per niente velate che però sulla vittima hanno l’effetto contrario a quello sperato da Diana.

L’uomo si arma di coraggio e va dai carabinieri. Racconta la sua storia, che è quella di tanti agricoltori che nel tempo hanno dovuto subire le angherie della camorra e spesso hanno perso tutto quello che avevano. A dargli man forte ci sono i suoi dipendenti. Presenti al momento delle minacce e quindi ritenuti più che attendibili dai magistrati. Da quel momento sono passati quattro mesi. Ieri per Diana e per Natale il cerchio si è chiuso.

La storia dell’imprenditore che li ha denunciati potrebbe aprire un varco nell’omertà di un territorio che ancora soffre le vecchie logiche criminali e spesso ne è completamente schiacciato. La Procura della Dda, insieme ai carabinieri, lavora con solerzia per spazzare via dal territorio il cancro delle agromafie, ma la denuncia delle vittime resta l’arma più potente per infliggere alla camorra colpi veramente duri.
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