«Troppi indiani in classe? Sono integrati,
chi protesta non ha capito proprio nulla»

Jaj, capo della comunità, con il sindaco Petrella di Grazzanise
Jaj, capo della comunità, con il sindaco Petrella di Grazzanise
Marilu Mustodi Marilù Musto
Sabato 17 Settembre 2022, 11:34 - Ultimo agg. 18 Settembre, 22:47
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«Razzismo? È solo preoccupazione del livello di partenza degli altri alunni. Preoccupazione inutile, fra l’altro». È disarmante la serenità con cui la dirigente dell’istituto comprensivo Don Milani di Grazzanise, Roberta Di Iorio, commenta la richiesta di alcuni genitori di annullare il sorteggio per la formazione delle prime classi di scuola primaria. Il motivo sarebbe la presenza di «troppi stranieri» nelle prime elementari. Genitori contrariati, dunque. Non tutti, è chiaro. «Anzi, una piccolissima parte», rassicurano nei corridoi della scuola. Ma tanto è bastato per far scoppiare il caso. Se di «razzismo» non si parla, allora si potrebbe indicare la richiesta dei genitori come una discriminazione.

I bambini stranieri contestati provengono dall’India.

Qui, a Grazzanise, la presenza di indiani adulti, immigrati tempo fa in provincia di Caserta, significa «lavoro», quello che gli italiani non vogliono fare più. L’allevamento di bufale è uno di questi. Solo a Grazzanise si contano 150 aziende agricole e se non ci fosse la manodopera di operai indiani le stalle sarebbero destinate a scomparire, come se non bastassero gli abbattimenti per la brucellosi. Eppure, nonostante l’aiuto di questa comunità (composta soprattutto Sikh) agli imprenditori italiani, alcuni genitori di piccoli alunni della Don Milani ritenevano che fossero troppi i bambini indiani in classe. Proteste dissolte nel nulla. La dirigente è stata irremovibile. «In sette anni in questa scuola non ho mai concesso un cambiamento di classe a un alunno, altrimenti chiunque potrebbe scegliere di andare in un’altra sezione da un giorno all’altro». Continua con il sorriso la preside Di Iorio. L’approccio professionale resta l’unica espressione onesta che si possa affidare alla dirigente. Andrà avanti per la sua strada e conferma, ancora oggi, le assegnazioni degli alunni delle prime elementari del plesso Don Milani. «Ho rispettato il 30 per cento della presenza in aula di stranieri, non mi si può chiedere di più», conclude, spiegando anche che vorrebbe che non si parlasse in negativo del paese «perché sono stati pochi genitori a sollevare la questione». 

Lo conferma Francesco Esposito, il negoziante al banco di fronte all’istituto comprensivo Don Milani: «Non ho figli, ma mi sembra impossibile una discriminazione simile, con la comunità indiana viviamo in pace da trent’anni». La polemica morirà com’è vissuta, con una fine da contrappasso dantesco: non se ne parlerà più, promettono in paese. I genitori che hanno avuto un moto di protesta hanno, però, colpito come una lama la dignità e la compostezza di una comunità che non ha mai dato problemi. «Credevano, questi genitori, di compiere un gesto condiviso, ma hanno solo rivangato un razzismo che non esiste più», commenta un anziano davanti al Comune.

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E proprio nella sede centrale del Municipio, in fila, ci sono i titolari di un’azienda con un giovane straniero indiano. «Lo stiamo assumendo», spiega una ragazza. Poco più in là, compare il turbante in testa di Giuseppe, un panettiere che va via in bicicletta indossando la maglietta della nazionale italiana di calcio. E poi c’è il «sindaco» degli indiani di Grazzanise, Jaj Mamgildl, che porta le pizze in Comune offrendole ai dipendenti comunali. «Questa comunità è molto attiva anche nel settore della panificazione», racconta il sindaco Enrico Petrella, il primo ad accogliere Jaj Mamgildl nella sua stanza. «Io vivo da trentadue anni a Grazzanise - racconta Jaj - la mia famiglia è rimasta in India e con il mio lavoro qui a Grazzanise ho finanziato gli studi di mio figlio nel mio Paese che, ora, è un ingegnere». Ma quanti indiani vivono a Grazzanise? «Ottocento», risponde Jaj. «Gli uomini sono arrivati qui tanto tempo fa per lavorare e, ora, sono tornati con le famiglie». «E per noi è un onore», conclude il sindaco Petrella. E così, al netto delle polemiche sull’episodio delle classi, i cittadini sono capaci solo di rispetto. Supremo, profondo, generoso come può essere solo un paese che accoglie e non esclude.

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