Truffa all'Inps, arrestati nel Casertano padre e figlio consulenti lavoro e 5 imprenditori

Truffa all'Inps, arrestati nel Casertano padre e figlio consulenti lavoro e 5 imprenditori
Mercoledì 18 Aprile 2018, 09:11 - Ultimo agg. 14:59
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Questa mattina la guardia di finanza del gruppo di Aversa sta eseguendo, su delega della procura di Napoli nord, 7 misure cautelari personali (5 custodie in carcere e 2 arresti domiciliari) emesse dal gip del tribunale di Napoli nord nei confronti di 2 consulenti del lavoro di San Cipriano d'Aversa e imprenditori del settore edile dell'agro aversano, responsabili di aver costituito un'associazione a delinquere che attraverso la fittizia assunzione di centinaia di lavoratori hanno percepito illegalmente indennità da parte dell’Inps per milioni di euro. L'operazione è stata coordinata dalla Procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco, e delegata ai finanzieri del comando provinciale di Caserta e del Gruppo di Aversa, agli ordini rispettivamente del colonnello Andrea Mercatili e del tenente colonnello Michele Doronzo.
 

Sequestrati beni immobili, rapporti finanziari e partecipazioni societarie per circa 13 milioni di euro. I soggetti destinatari delle ordinanze sono gravemente indiziati dell'appartenenza ad una associazione per delinquere, con base nell'agro aversano, attiva nell'emissione e nell'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti nel settore edile, finalizzate, oltre ad ottenere i conseguenti sgravi tributari, anche e soprattutto a conseguire la percezione di indebite contribuzioni da parte degli enti previdenziali e assistenziali.

C'erano padre e figlio, entrambi consulenti del lavoro, a capo dell'organizzazione dedita alla truffe all'Inps tramite la creazione di società fittizie, smantellata nel Casertano dalla Guardia di Finanza con sette arresti ordinati dal Gip di Napoli Nord (cinque ordinanze in carcere, due ai domiciliari). È stato inoltre eseguito a carico dei venti indagati e delle quattro società coinvolte un sequestro di 13 milioni di euro, che corrisponde al valore dei raggiri ai danni dell'Inps e dell'evasione dell'Iva, altro illecito emerso durante l'inchiesta. Un fiume di danaro che potrebbe aver ingrossato le casse dei clan camorristici attivi in zona, sebbene non siano ancora emersi collegamenti con le cosche. Il Gip parla di «panorama desolante di sotterfugi, menzogne, approntamento di documenti contraffatti, che ha prodotto un danno patrimoniale enorme alla già esigue risorse statali in danno dei cittadini onesti da parte di cinici e disinvolti approfittatori». Epicentro del business illecito lo studio di San Cipriano d'Aversa del consulente esperto in materia di lavoro Angelo Caterino, 63 anni, e del figlio 34enne Emilio, entrambi finiti in carcere. Erano loro, hanno accertato gli inquirenti della Procura di Napoli Nord guidati da Francesco Greco e i finanzieri del Gruppo di Aversa condotti da Michele Doronzo, a preparare tutta la documentazione necessaria per creare le società fittizie e assumere, sempre falsamente, lavoratori da licenziare dopo un certo tempo per incassare le indennità di disoccupazione dall'Inps.

Lo studio avrebbe consentito ad un imprenditore anche di ottenere dall'Inail la somma di 211mila euro per un infortunio sul lavoro occorso ad un suo operaio che però lavorava in nero; i consulenti hanno retrodatato l'assunzione consumando la truffa. Gli investigatori hanno scoperto prima tre società edili «cartiere», ovvero esistenti solo sulla carta, con sede a Casal di Principe, che tra il 2011 e il 2014 avrebbero assunto falsamente seicento dipendenti, che hanno poi beneficiato, consapevolmente, delle indennità non dovute per 4,2 milioni di euro. In tale fase delle indagini sono stati indagati solo i titolari delle società, ovvero gli imprenditori edili Salvatore Massaro di 66 anni e il figlio 29enne Vincenzo, ma è probabile che nel prosieguo anche i dipendenti possano ricevere avvisi di garanzia. I finanzieri hanno poi individuato una quarta società cartiera, con sede a Carinaro, che avrebbe assunto fittiziamente 108 lavoratori, ignari però dell'assunzione e del successivo licenziamento propedeutico all'ottenimento dell'indennità, pari in questo caso a 800mila euro. Tra le condotte contestate anche l'emissione di centinaia di fatture per prestazioni inesistenti; tutte le società coinvolte, infatti, non hanno mai effettuato alcun lavoro, se si eccettua una piccola ristrutturazione. Le fatture false venivano emesse, hanno accertato gli inquirenti, non solo per dimostrare l'operatività aziendale, ma anche quando ai lavoratori fittizi arrivava l'indennità non dovuta; questi ultimi, infatti, giravano parte dei soldi agli imprenditori che poi emettevano fattura come se avessero effettuati prestazioni per i dipendenti.


 
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