La Cassazione: carcere «disumano»
a Santa Maria Capua Vetere

La Cassazione: carcere «disumano» a Santa Maria Capua Vetere
di Biagio Salvati
Martedì 30 Aprile 2019, 08:57 - Ultimo agg. 10:12
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Con due differenti decisioni, depositate l'8 aprile scorso, la Corte di Cassazione (prima sezione, presidente Francesco Bonito, estensore Raffaello Magi) ha accolto i ricorsi di due detenuti a Santa Maria Capua Vetere Cche avevano chiesto, vedendoselo rigettare dal magistrato di Sorveglianza, lo sconto di pena previsto dalla legge per i giorni di detenzione trascorsi in condizioni degradanti.
 
Ma questa volta, nulla a che vedere al diritto di almeno tre metri quadri di spazio. A Santa Maria Capua Vetere, soprattutto d'estate, i detenuti devono subire una doppia condanna «inflitta» dall'esterno: sorbirsi i cattivi odori del vicino impianto Stir, dove confluiscono i rifiuti di mezza provincia.
E quando fa caldo, subire l'assenza di acqua con la conseguenza che le buste di spazzatura piene d'acqua (che arriva spesso tramite autobotti) diventano docce mobili. Una situazione di gravissimo disagio va avanti da anni, con proteste, visite ispettive, promesse, finora ancora tali, di immediata soluzione e di rimozione dei disagi. L'acqua manca per un problema alle condotte, che il comune è in via di adeguamento (al momento è stato approvato il progetto ma i passi avanti da fare sono ancora tanti). L'impianto di tritovagliatura è proprio di fronte, e più volte (soprattutto d'estate e nei periodi di emergenza) i miasmi raggiungono anche il centro della città, ad alcuni chilometri di distanza. Scrivono i giudici della Suprema Corte: «Va ricordato che anche nella ipotesi di spazio vitale ricompreso tra i 3 ed i 4 metri quadrati, l'esistenza di gravi carenze nella offerta di servizi essenziali può determinare un trattamento contrario al senso di umanità».

Quindi, «nel caso dell'attuale ricorrente, in particolare, era stata dedotta la inadeguatezza della offerta trattamentale in virtù della prolungata carenza di acqua potabile nelle celle del reparto ove il soggetto era ristretto, unita a fattori ambientali pregiudizievoli per l'igiene e la salute (vicinanza del reparto ad una discarica di rifiuti). Si tratta di aspetti di indubbia rilevanza». La conclusione è l'annullamento con rinvio della decisione del magistrato di Sorveglianza, che dovrà rivalutare le istanze alla luce dei rilievi della Corte. Il caso riguardante il carcere di Santa Maria Capua Vetere riguardava un detenuto siciliano che aveva sofferto la pena in diverse carceri italiani e, nel periodo trascorso a Santa Maria Capua Vetere, il ricorrente si lamentava della «omessa valutazione di carenze strutturali, già esposte al magistrato di Sorveglianza e, in particolare, - quanto al reparto Tevere - della mancata fornitura di acqua potabile e delle esalazioni provenienti da una vicina discarica».
Un ricorso scritto dallo stesso detenuto dopo alcuni dinieghi da parte del Tribunale di Sorveglianza e magistrato di Sorveglianza di Firenze.

Una questione, quella della doppia condanna senza appello peraltro già affrontata in passato sia dal Garante regionale dei detenuti che da quello della Commissione della Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere. Tant'è che, tramite i Radicali, fu anche decisa una azione giudiziaria contro il Ministero che molti detenuti presentarono al Giudice di Pace, chiedendo danni esistenziali e biologici causati dalle condizioni carcerarie ma anche, per esempio, dai miasmi maleodoranti provocati dal vicino impianto Cdr-Stir che, ironia della sorte, sorge in una zona considerata in parte Terra dei Fuochi. Gli altri due casi esaminati dalla Cassazione riguardavano le carceri di Fossombrone e Volterra. La Corte europea dei diritti dell'uomo lo ha detto più volte, mettendo in mora l'Italia (e non solo l'Italia) per le condizioni dei suoi penitenziari: sovraffollati, angusti, vecchi, umidi, con poca luce.
 
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