«Via dall'Italia, produco mozzarelle a Parigi: il Comune lì ci aiuta»

«Via dall'Italia, produco mozzarelle a Parigi: il Comune lì ci aiuta»
«Via dall'Italia, produco mozzarelle a Parigi: il Comune lì ci aiuta»
di Marilù Musto
Venerdì 14 Agosto 2020, 20:44 - Ultimo agg. 22:07
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Franco afferra il piatto con la mozzarella e lo guarda: «Con questo prodotto ci sono cresciuto. Ora il mio sogno è portare le bufale a Parigi», dice. Poi taglia una fetta dell’oro bianco nel piatto, l’assaggia, un ghigno di sorriso si accende sul viso. Il futuro è dei maestri casari, altro che stravaganze commerciali. Lui, Franco Picciuolo, il mestiere lo ha imparato da piccolo, a Capua. Poi, ha deciso di andar via dall’Italia dopo un periodo di crisi dell’azienda di famiglia, le tasse, la burocrazia che bloccava lo slancio della società. E così, in Francia, dove è nato (la madre è parigina), ora è tornato. È uno dei soci del caseificio sulla 24 bis rue Basfroi a Parigi.

Il sostegno

Dove l’Italia ha distrutto, la Francia ha costruito. Il locale commerciale dove si trova «Nanina» è stato messo a disposizione dal Comune parigino con affitti agevolati. E per il sogno di Franco - portare le bufale a Parigi - anche il Governo francese sovvenzionerà il progetto. Nel periodo di lockdown a Parigi l’attività si è mantenuta grazie alla distribuzione della mozzarella nell’epicerie e nelle formagerie. Gestito per quota di maggioranza da Julien Carotenuto, originario di San Giuseppe Vesuviano, il caseificio parigino è un piccolo mondo capuano nel centro della città dell’amore.

Le radici

Paris tutta la vita. Ma la tradizione riporta Franco a Capua, ogni estate, dove ritrova la famiglia e gli amici. E le radici: la mozzarella di Capua. Il padre Sebastiano e lo zio Luigi erano stati i fondatori del caseificio «Fratelli Picciuolo» a Capua con sede storica in via Fuori Porta Roma. «Avevo 14 anni quando ho imparato il mestiere, seguivo mio padre e da lui ho appreso l’arte».
L’azienda di famiglia andava a gonfie vele, una ventina anni fa, ed era una cartina di tornasole che dava vanto a Capua. Ma come in tutte le grandi imprese che portano luce, ci sono anche ombre. E l’onda della crisi si portò via lui dall’azienda di famiglia. «Per molto tempo mi sono accontentato di essere maestro casaro nei caseifici degli altri», racconta. La passione: il motore di ogni lavoro. Ma non bastava, perchè Franco veniva sottopagato. Poi, è arrivata l’opportunità: «Un irlandese, un giorno, entrò nel caseificio dove lavoravo a Capua - spiega - era il 2014. Si trovava in Italia per importare la bufala campana nel paese celtico. La conoscenza fu superficiale, ma dopo qualche mese l’irlandese mi inviò una email chiedendo di una consulenza, pagata benissimo. Non ci pensai due volte: volai a Cork». Da quel momento in poi, la rinascita.
Lontano dall’Italia, sofferente per gli affetti, ha ricominciato a produrre le sue mozzarelle come nei primi anni. In seguito, la svolta: il trasferimento a Parigi. Le sue mozzarelle sono prodotte con il latte di bufala nella regione Alvernia-Rodano-Alpi. E sono buonissime. Gli animali si adattano bene in Francia: è una «bufala» pensare che solo nel territorio paludoso della provincia di Caserta ci sia l’esclusività. «Il lockdown è stato un periodo buio, ma siamo andati avanti con la produzione. Serve però un altro passo: portare le bufale a pochi passi da Parigi per chiudere il cerchio della filiera».
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