Carcere di Santa Maria Capua Vetere,
è battaglia sul reato di tortura

Carcere di Santa Maria Capua Vetere, è battaglia sul reato di tortura
Martedì 20 Luglio 2021, 15:37 - Ultimo agg. 15:54
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Si sta giocando sulla qualificazione giuridica del reato di tortura, contestata a 41 agenti penitenziari indagati per le violenze avvenute il 6 aprile 2020 al carcere di Santa Maria Capua Vetere, la «partita» al tribunale del Riesame di Napoli tra accusa e difesa: sempre più avvocati difensori stanno chiedendo l'annullamento delle misure per carenza di gravi indizi ritenendo non sussistente il reato di tortura contestato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e avallato dal gip Sergio Enea che ha emesso le misure il 28 giugno scorso (18 agenti finiti ai domiciliari, 8 in carcere, tre raggiunti dall'obbligo di dimora e 23 dalla misura interdittiva della sospensione dal lavoro). 

L'avvocato Mariano Omarto, che difende l'ispettore 48enne Raffaele Piccolo, finito ai domiciliari e la cui misura è stata confermata dal Riesame (l'agente è omonimo dell'altro poliziotto penitenziario Raffaele Piccolo di 56 anni la cui ordinanza ai domiciliari è stata confermata nei giorni scorsi), argomenta: «I criteri soggettivi utilizzati dal Gip per distinguere l'operato degli agenti che hanno preso parte alla violenza ai danni dei detenuti rispetto a coloro che invece erano presenti ma sono rimasti inerti, a mio avviso, devono essere utilizzati anche per distinguere tra coloro che, in tenuta antisommossa (quindi con mimetica, caschi, scudi e manganelli), hanno colpito reiteratamente i detenuti in parti vitali del corpo, da coloro che lo hanno fatto invece senza equipaggiamento ed a mani nude.

Non è pensabile che in tale ultima ipotesi si possano infliggere quelle acute sofferenze fisiche o quell'agire con crudeltà che costituiscono i requisiti che la norma richiede per configurare il reato di tortura».

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Anche un altro avvocato che assiste diversi agenti, Giuseppe Stellato, ha posto la questione. Finora i giudici partenopei hanno convalidato, però, l'impianto accusatorio, confermando molte misure e annullandone alcune sempre per carenza di esigenze cautelari, mai per gravi indizi di colpevolezza. Le ultime posizioni valutate dal Riesame riguardano gli agenti Felice Savastano di 54 anni, Michele Vinciguerra di 57 anni e Antonio Di Domenico di 56, che dal carcere passano ai domiciliari appunto per carenza di esigenze quali la reiterazione del reato e l'inquinamento probatorio, mentre resta in carcere il poliziotto 53enne Gennaro Loffreda.

Il Riesame ha anche confermato la misura dell'obbligo di dimora per l'ispettore di 52 anni Giuseppe Crocco (difeso da Dezio Ferraro); mentre ha rinviato l'udienza per l'agente ai domiciliari Francesco Vitale, il cui avvocato, Roberto Barbato, ha avanzato medesima questione di qualificazione giuridica del fatto, ritenendo non si trattasse di tortura.

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