Violenze nel carcere di Santa Maria:
«Agenti senza divisa fuori dai penitenziari»

Violenze nel carcere di Santa Maria: «Agenti senza divisa fuori dai penitenziari»
di Marilù Musto
Lunedì 5 Luglio 2021, 08:00 - Ultimo agg. 6 Luglio, 07:26
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Le scritte di odio contro la polizia penitenziaria proliferano come colonie batteriche: «Non lasciamo soli i detenuti... isoliamo le guardie». Il manifesto affisso nel porticato di via Roma a Cagliari con questa frase è il secondo, dopo quello di Roma, che misura «l'astio» che sta montando nei confronti della polizia penitenziaria. Volano i sassolini dalle scarpe dei detenuti di tutta Italia. Le immagini dei manganelli che schioccano contro le ossa delle braccia e del cranio dei detenuti, sono ancora vive. E oggi, è il giorno in cui sarà ascoltato dai magistrati il capo del corpo della Campania, l'ex provveditore della penitenziaria, Antonio Fullone, destinatario di una interdizione dai pubblici uffici perché coinvolto nell'indagine sui pestaggi nel carcere di Santa Maria il 6 aprile del 2020 (è indagato per favoreggiamento e depistaggio). 

Il compiacimento regna fra le celle. Che per Fullone e per i poliziotti della penitenziaria siano giorni tra i più difficili, questi, lo si evince anche dalla direttiva firmata da Giulia Russo, direttrice del carcere di Secondigliano che consiglia agli agenti di non indossare la divisa nel tragitto casa-carcere. Su questa scia s'innesta il primo atto del provveditore reggente delle carceri della Campania Carmelo Cantone, inviato dal Dap per sostituire Fullone.

Sottodimensionati, «reclusi» pur non avendo commesso alcun crimine, i poliziotti della penitenziaria sono, per il gip Sergio Enea, gli esecutori dell'«orribile mattanza» di un anno fa. I video lo dimostrano. Ben 117 gli indagati. Oltre 50 i poliziotti sospesi, compresi i vertici del provveditorato. 

Ma un argine all'odio che viene a galla in queste ore, cercano di costruirlo il presidente del sindacato Uspp, Giuseppe Moretti, e il segretario regionale della Campania, Ciro Auricchio che parlano di «messaggi deliranti contro gli agenti apparsi sui social». Dello stesso parere Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa, secondo cui «si susseguono comunicati diffusi anche da frange eversive. Il clima è pericoloso». 

Video

Ma c'è un altro fronte su cui si combatte, dall'altra parte della barricata: non vanno proprio giù i trasferimenti dei detenuti picchiati. «Lasciateci i nostri familiari in Campania, non è giusto che siano trasferiti in Calabria o in Emilia Romagna». È l'appello della madre di un recluso di appena 27 anni, vittima del pestaggio da parte dei poliziotti, trasferito a Palmi, a quasi 400 chilometri di distanza da Marcianise, paese dove vive la famiglia. «Ha iniziato lo sciopero della fame», racconta la madre. Circa 30 reclusi del reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere sono stati portati, infatti, a Carinola e Ariano Irpino e negli istituti di Modena, Civitavecchia, Perugia o Palmi. «Per un anno denuncianti e denunciati sono stati faccia a faccia - dice la garante dei detenuti di Caserta, Emanuela Belcuore - e ora si prende questa decisione nel momento in cui gli agenti coinvolti nei pestaggi sono quasi tutti al carcere, ai domiciliari o sono stati sospesi. Ora non ha più senso, anzi avrebbe avuto senso spostare gli agenti. Ho capito che questa cosa è stata fatta per tutelare i detenuti, ma è un danno per i loro familiari».

Il corto circuito è innescato: non si distingue più il danzatore dalla danza. Da un lato i «picchiatori», dall'altra i loro colleghi che continuano a lavorare e ad avere paura di ritorsioni. Sullo sfondo, una serie di depistaggi, fuga di notizie, promesse di intervenire sui pm della Procura che stava indagando emergono dall'ordinanza del gip Sergio Enea. La «talpa» che informava il comandante del nucleo piantonamenti Pasquale Colucci dell'andamento dell'inchiesta era Francesca Acerra, a capo del nucleo investigativo centrale di Napoli. Stando alla Procura, Colucci per sapere chi fosse indagato, aveva scritto alla Acerra: «Gli elenchi solo dei nuclei...Quelli del posto no?» E lei: «Sì, certo, tutti». E poi: «Mi ha chiamata Nunzia, i carabinieri sequestrano hard disc», dice lei a Colucci. E quest'ultimo risponde: «Azz...mo succede il terremoto». «Non vorrei essere io a pagare per tutti». «Non succederà», risponde lei. «Dobbiamo avere i tabulati di quei telefoni. Spero che però non li diano ai carabinieri - rassicura Francesca Acerra - Su questo un passaggio con la procura lo potrei fare visto che ho i tabulati. Intercettazioni che sono costate a Francesca Acerra l'apertura di un fascicolo per favoreggiamento sul suo conto. 

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