Gli antichi romani profumavano di patchouli, la scoperta dell’Università di Cordova

Tutto è iniziato nel 2019 durante la ristrutturazione di un edificio nel comune di Carmona a Siviglia.

Photo credit: UCO - CÓRDOBA
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di Mariagiovanna Capone
Lunedì 29 Maggio 2023, 22:13
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Un team di ricerca dell’Università di Cordova è riuscita ad analizzare per la prima volta un profumo di epoca romana di oltre 2.000 anni fa, a determinare la sua fragranza (il patchouli) e composizione chimica. Tutto è iniziato nel 2019 durante la ristrutturazione di un edificio nel comune di Carmona a Siviglia.

Sono stati scoperti resti archeologici e non appena le autorità hanno iniziato lo scavo è stato rinvenuto un mausoleo di 2.000 anni fa con otto nicchie funerarie in magnifiche condizioni (perché non erano mai state saccheggiate). I resti di sei membri di una famiglia benestante furono sepolti in quella tomba, e come spesso accadeva c'erano vari oggetti legati a rituali funebri e offerte, come ossa cremate, resti di un sacchetto di stoffa, tre perle rotonde di ambra e una scatola di piombo a forma di uovo all'interno della quale si trovava un contenitore di unguento a forma di anfora (unguentarium).

La piccola bottiglia scolpita conteneva, a sua volta, una massa solida. Era l'offerta profumata che qualcuno aveva introdotto nella nicchia di una donna che, alla morte, aveva circa 40 anni. La bottiglia, che era stata avvolta in un sacchetto di stoffa ancora intatto e circondato da pietre d'ambra, è stata portata in laboratorio e da allora è stata analizzata dai ricercatori spagnoli. Una delle caratteristiche uniche dell'anfora è che è stata scolpita in quarzo, un materiale molto duro, resistente e insolito. All'epoca, gli unguentarium erano fatti di vetro e i ricercatori affermano che in questo caso l’oggetto era «altamente ricercato e costoso», sinonimo di una famiglia molto benestante dell’epoca.

Oltre all'unicità del recipiente, l'aspetto veramente straordinario della scoperta era che fosse perfettamente sigillato, e che i residui solidi del profumo fossero stati conservati all'interno, il che ha permesso di effettuare questo studio.

Il team di ricerca FQM346 dell'Università di Cordova, guidato dal professore di chimica organica José Rafael Ruiz Arrebola, in collaborazione con la città di Carmona, ha descritto chimicamente i componenti di un profumo risalente al I secolo d.C.

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Heritage in un articolo in cui il chimico Ruiz Arrebola, l'archeologo del Comune di Carmona, Juan Manuel Román, e i ricercatori Daniel Cosano e Fernando Lafont condividono l'intero processo tecnico e scientifico che consente al mondo di “annusare” il passato impero romano. Ruiz Arrebola sottolinea che l'uso della dolomite, un tipo di roccia carbonatica, come tappo, e il bitume usato per sigillarlo, sono stati la chiave del magnifico stato di conservazione dell’esemplare e del suo contenuto.

Gli specialisti ricordano che, anche se si tratta di una scoperta rara, ci sono stati altri casi, come quello di due piccole bottiglie trovate a Londra e Napoli, ma con grasso animale all'interno, così come un profumo di 5.000 anni che è stato trovato in Egitto. «Gli egizi pensavano che il profumo provenisse da Ra, il dio sole. Dall'antico Egitto, i profumi si espansero in altri luoghi come la Grecia e, successivamente, Roma. I romani hanno iniziato ad apprezzare i profumi solo dopo la conquista della fascia orientale del Mediterraneo e la guerra contro Antiochia», spiegano. Le fragranze romane furono prodotte su larga scala durante l'impero. Il medico Pedanio Dioscoride Anazarbeo (40-90 d.C.) raccolse diverse ricette con oli aromatici, che erano usati sia per i profumi che per le medicine, mentre lo scrittore Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) descrisse come elaborarle. Secondo quest'ultimo, i profumi o gli unguenti dovevano contenere una parte liquida e una parte solida. Si poteva anche aggiungere loro un agente colorante per renderli più attraenti.

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Gli oli più usati dai romani erano quelli estratti dal sesamo, dal rafano, dalle mandorle o soprattutto dall'oliva. Questo ingrediente doveva essere estratto dalle olive verdi, poiché resistono meglio all'ossidazione rispetto a quelle mature. Tuttavia, sottolineano gli esperti dell'Università di Cordova, «le ricette dettagliate dagli autori classici erano molto vaghe o confuse per quanto riguarda le proporzioni dei componenti e le procedure per elaborarli».

I romani usavano profumi non solo nella vita quotidiana, ma anche in occasioni speciali come i funerali, dove l'incenso era obbligatorio. Inoltre, le fragranze erano anche usate come unguenti per imbalsamare il defunto. Quando un cadavere veniva cremato, le ossa e le ceneri venivano conservate in un'urna insieme a profumi più o meno costosi, che venivano conservati in contenitori di metallo, vetro, ceramica o roccia, a seconda della fortuna del defunto o del ringraziamento dovuto dei suoi eredi e amici.

Per identificare la sostanza dell'unguentarium di Carmona e il materiale con cui è stato fabbricato il tappo, gli specialisti hanno fatto studi multianalitici e archeometrici, con tecniche strumentali come la diffrazione a raggi X (XRD), la microscopia elettronica a scansione, la spettroscopia a raggi X a dispersione di energia (SEM-EDS). Per quanto riguarda il profumo, sono stati identificati due componenti: una base o un legante, che ha permesso la conservazione degli aromi, e l'essenza stessa, con risultati identici alle descrizioni descritte da Plinio il Vecchio. In questo caso, la base era un olio vegetale, secondo alcuni risultati delle analisi era olio d'oliva, anche se questo punto non poteva essere confermato con certezza.

Per il profumo, e come raccomandato da Plinio, sono stati utilizzati due componenti: una base o un legante, che facilitava la conservazione degli aromi, e l'essenza. In questo caso, la base era olio vegetale, possibilmente di oliva. Secondo i risultati delle analisi chimiche effettuate, «Roma profumava di patchouli», un olio essenziale ottenuto da una pianta di origine indiana, la Pogostemon cablin, ampiamente utilizzata nella profumeria moderna, e il cui uso in epoca romana non era noto. Una sostanza molto difficile da ottenere all’epoca della morte della donna, il che dimostra che apparteneva a una classe sociale molto alta.

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