Campi Flegrei, spunta il bollo di Marcus Babullius dal mare di Miseno

Ad annunciare la scoperta l'operatore culturale Ciro Amoroso

Campi Flegrei, spunta il bollo di Marcus Babullius dal mare di Miseno
Campi Flegrei, spunta il bollo di Marcus Babullius dal mare di Miseno
di Antonio Cangiano
Sabato 28 Gennaio 2023, 16:39
7 Minuti di Lettura

Le grandi storie spesso hanno inizio da piccole scoperte. È il caso del bollo laterizio, ritrovato nelle acque di Miseno, nei Campi Flegrei, recante il nome di Marcus Babullius.

Ad annunciare la scoperta del “marchio di fabbrica” impresso su un frammento laterizio d'epoca romana, l'operatore culturale, Ciro Amoroso: «Per molti questo pezzo d'argilla non è altro che un’insignificante “pietra vecchia”, una delle tante sparse qua e là sulla nuda terra o sotto il pelo dell’acqua; per altri, invece, fortunatamente è qualcosa di magico, poiché rappresenta il nostro legame con la Storia di un lontano passato».

 Nell’ameno incanto di luoghi ancora selvaggi, lungo la costa abbracciata dal mare, tra scorci di rara bellezza ha inizio la sua personale avventura e il ritrovamento del bollo sommerso.

«A Bacoli, nella Terra Ardente, le pietre parlano, eccome se parlano: basta soltanto saperle ascoltare... Questa è la storia di Marcus Babullius, un imprenditore di 2000 anni fa.

In mezzo a frustuli di laterizi e frammenti di marmi c'è qualcosa che attira la nostra curiosità. Una boccata d'aria e ci rimmergiamo incuriositi. Ma cos'è, un pezzo di coppo o un laterizio? chiedo. Dalla forma, di prima acchito, sembra un... panino appena sfornato. Lo giro e... affiorano tempi lontani, ricordi di uomini, un tempo marchiati nella pietra. E' un'imbrex (coppo), una tegola curva, leggermente conica, usata per coprire i giunti degli embrici dell'ambulatio della sovrastante villa? Quasi al centro del piccolo ma pesante manufatto, c'è la scritta M. Babulli e la forma rettangolare ne potrebbe attestare la datazione. Dell'imprenditore Marcus Babullius, si conosce molto poco. Al momento possiamo solo far riferimento al terminus ad quem ercolanense del 79 d.C., anche se la presenza dello stesso bollo, oltre che a Ventotene (Pandataria-Pandateria) è stato attestato ad Albano (loc.

Malafitto) e ad Ercolano. Queste scoperte spingerebbero a ipotizzare una collocazione dello stesso reperto in età augusteo-tiberiana, in virtù della omogeneità cronologica dei rinvenimenti relativi all’instrumentum bollato. Ombre sfuggenti si affollano davanti a me... nella mente. E le loro parole risuonano nella mia anima. A volte alzare lo sguardo non solo abitua a guardare lontano, ma ci permette di “osservare” in profondità nelle “tracce” del tempo, nei solchi del sapere e dalla sete di conoscenza. Soprattutto, aiuta a capire anche quanto siamo stati “intelligenti” nel saper distruggere angoli di Paradiso, cementificandoli negli ultimi 60-70anni. Infatti, proprio sopra Punta Sarparella, occhieggiano lasciti di un recente passato, seminascosti tra tremule fronde, ramoscelli d'albero ed i crolli di una villa inopinatamente edificata proprio in quegli anni. Ambienti a vista, cronologicamente diversi, attestano radicali ampliamenti di questo magnifico complesso residenziale. I resti di cisterne e avanzi di ambienti con paramento in opera reticolata, listata e vittata, declinano al mare, fino ad occuparlo lungo tutto il fianco meridionale di Punta Sarparella. Così, come per magia, un monumentale complesso residenziale si dipana innanzi ai nostri occhi, disposto su terrazze sul promontorio, a partire dalla prima età imperiale e poi ampliato nel II sec. d.C. Analizzando quanto resta, attratti dai “misteri” che conserva questo scrigno, è facile immaginare la presenza di una stupenda ambulatio (un portico destinato al passeggio) aggettante sulla rada, ricoperta di tegole, abbellita di colonne, di statue e pavimentata di marmi policromi... Parliamo di una terrazza panoramica prominente sulle peschiere e sulla rada che ospitava le oltre cinquanta navi della più potente macchina bellica disposta da Roma sul Mediterraneo occidentale.

 Ovviamente, non essendo studiosi della materia, non azzardiamo improbabili soluzioni epigrafiche, ma solo un paio di “innocenti” riflessioni. Sapevamo che laterizi, anfore, embrici e tegole venivano “marchiati” ma, fino ad oggi, non era mai capitato di vederne uno, a Misenum, con il sigillo M. Babulli. I Romani diffusero la pratica di marchiare i mattoni a partire più o meno dal II secolo a.C. in piena età repubblicana. La forma del bollo era generalmente tonda o rettangolare e recava immagini e scritte. La funzione del bollo laterizio era, infatti, quella di evidenziare alcune informazioni importanti, come l’anno di produzione - segnalato dal nome dei consoli in carica - e il luogo di fabbricazione, cioè la figlina, ovvero l’officina nella quale i mattoni venivano realizzati materialmente. Da considerare, inoltre che, molto spesso, sul marchio di fabbrica veniva impresso anche il nome del proprietario dello stabilimento. Il coccio rinvenuto a pochi metri di profondità sotto Punta Sarparella potrebbe essere parte di un imbrex, un coppo, messo in opera tra la fine del I sec. a. C. e il primo quarto del I sec. d. C.? Le “etichette” dell’antichità: i bolli laterizi. Se credete che i codici a barre sui prodotti fossero una invenzione moderna... beh, allora vi sbagliate di grosso! Su molti laterizi, anfore, coppi e tegole di epoca romana si trovano iscrizioni di forme e dimensioni diverse che erano dei veri e propri marchi di fabbrica: i bolli. Questi, come la chiameremmo oggi, spesso indicavano l'azienda produttrice, cioè la figlina, l’officina e il nome dell'imprenditore, anche se, a volte, poteva essere semplicemente il nome dell’artigiano. In conclusione, era una vera e propria etichetta, un marchio di fabbrica, un cartellino munito dei dati che permettevano di riconoscere il lotto, nel nostro caso di imbrex, ben identificabile. Il “nostro” manufatto, eroso, e non uniforme, mostra quasi al centro un bollo rettangolare con la scritta M. Babulli, rappresentando un INEDITO in questi luoghi. Chi era Marcus Babullius? Marcus Babullius era quello che noi definiremmo oggi un imprenditore e apparteneva a una nota famiglia di “industriali”, forse di Ventotene. Manufatti con il sigillo afferente a personaggi della gens dei Babullii sono stati rinvenuti, con attestazioni datate tra la fine del II e il I sec. a.C., in molte località dell'Impero: a Delo, nelle Cicladi (Paro, Nasso, Amorgo), a Gortina e a Samotracia. Alla medesima fabbrica va forse attribuito il bollo M. BABVLLI P.L. rinvenuto a S. Angelo in Formis ed edito da G. Iannelli negli anni Ottanta del XIX secolo. Un M(arcus) Babullius M(arci) lib(ertus) Philom(usus) è noto a Capua in due iscrizioni; un Babullius è menzionato da Cicerone in una lettera ad Attico (Att., 13, 48, 1). La mappatura del gentilizio, messa a punto da M. Silvestrini, denota una concentrazione in Campania (Capua, Cales, Cuma, Puteoli, Pompei) e in territorio apulo/lucano/irpino (Venosa, Canosa, Potenza, Histonium, Aeclanum). Non mancano, tuttavia, altre attestazioni nel resto della penisola, come ad es. ad Aquileia e nel Lazio. Insomma, si trattava di una famiglia potente e benestante, con possedimenti ed interessi commerciali in tutto il mondo romano. Il Frammento di imbrex cm 20x8,1x5,9. Bollo in cartiglio rettangolare cm 9,6 x 2,6. Lettere in rilievo. Grafia progressiva. Altezza lettere 1,9. Segno d’interpunzione triangolare con vertice rivolto verso l’alto.

A CHI APPARTENEVA QUESTA VILLA? Se, come pare, dai riferimenti storici la collocazione del manufatto di Marcus Babullius è da attestare al periodo augusteo-tiberiano, possiamo azzardare l'ipotesi che la villa appartenesse ad un alto ufficiale della Classis (Praetoria) Misenensis, così come certifica un frammento di epigrafe rinvenuto agli inizi del '900 attribuito ad un Ve(teranus) Subt(Praefectus) carica già attestata a Misenum da un altro documento epigrafico (CIL X, 3334).  A conferma di ciò, nel luglio del 1907, adagiata nel c.d. “Giardiniello”, ovvero sulla spiaggia del fianco occidentale del promontorio, tra frammenti marmorei, resti di anfore e vasellame fittile, fu rinvenuta una base marmorea dedicata allo stolarco (comandante d'una divisione navale) C. Julius Alexander, databile al 246 d.C.

 Ancora una volta, queste indicazioni vanno a rafforzare l'ipotesi formulata da Terra Ardente, ovvero che la sede del Praetorium (Ammiragliato) della Classis è da collocare su Punta Pennata e non su Punta Sarparella. P.S. A volte basta una pietra o un pezzo di laterizio per raccontare una storia. Noi ne abbiamo proposta una che renderebbe necessaria una nuova rilettura di questi luoghi ancora tutti da scoprire.

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