Gaber, l'intervista impossibile: la nostra generazione ha perso di nuovo

Il ventennale della scomparsa del grande artista

Gaber, l'intervista impossibile: la nostra generazione ha perso di nuovo
di Federico Vacalebre
Sabato 31 Dicembre 2022, 08:42 - Ultimo agg. 1 Gennaio, 10:00
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Se certe assenze sono un assedio (copyright Piero Ciampi) le assenze di intellettuali di strada come Pier Paolo Pasolini o Fabrizio De André sono assedi che non si riescono a spezzare. Sarà capitato anche a voi, di fronte agli anni appena passati, di chiedersi che cosa avrebbe pensato Giorgio Gaber, scomparso l'1 gennaio del 2003, vent'anni fa, ormai, dei tempi che stiamo vivendo. Non potendo più chiederlo a lui, abbiamo provato ad usare come risposte di questa intervista impossibile le parole che ci ha lasciato, con la pregiata complicità di Sandro Luporini.

Caro Gaber, avrebbe mai immaginato di avere una donna premier di destra come Giorgia Meloni?
«Tutti noi ce la prendiamo con la storia, ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria, quando parla di sinistra o destra» (da «Destra-sinistra», 1994).

In che senso?
«Fare il bagno nella vasca è di destra, far la doccia invece è di sinistra. Un pacchetto di Marlboro è di destra, di contrabbando è di sinistra, ma cos'è la destra, cos'è la sinistra?» (da «Destra-sinistra, 1994).

Siamo alle fine delle ideologie?
«Malgrado tutto credo ancora che ci sia, è la passione, l'ossessione della tua diversità, che al momento dove è andata non si sa» (da «Destra-sinistra», 1994).

Ma davvero dice che la sinistra non esiste più?
«Qualcuno era comunista perché c'era il grande partito comunista.

Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista. Qualcuno era comunista perché non c'era niente di meglio. Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggiore partito socialista d'Europa» (da «Qualcuno era comunista», 1992).

Le viene in mente il coinvolgimento del Pd nello scandalo all'europarlamento?
«La mia generazione ha visto le strade, le piazze gremite di gente appassionata, sicura di ridare un senso alla propria vita, ma ormai son tutte cose del secolo scorso, la mia generazione ha perso» (da «La razza in estinzione», 2001).

La sua delusione politica è irrimediabile?
«Di quelli che diranno che sono qualunquista non me ne frega niente: non sono più compagno, né femministaiolo militante, mi fanno schifo le vostre animazioni, le ricerche popolari e le altre cazzate. E, finalmente, non sopporto le vostre donne liberate, con cui voi discutete democraticamente. Sono diverso perché quando è merda è merda, non ha importanza la specificazione: autisti di piazza, studenti, barbieri, santoni, artisti, operai, gramsciani, cattolici, nani, datori di luci, baristi, troie, ruffiani, paracadutisti, ufologi... Quando è moda è moda, quando è moda è moda» (da «Quando è moda è moda», 1978).

La Cina non è mai stata così vicina, si diceva/sognava un tempo. Ora la Cina fa di nuovo paura: dobbiamo aspettarci una nuova ondata di Covid?
«La peste si diffonde adagio, poi cresce e si parla di contagio... La peste non si ferma più... Non fa neanche più effetto... Ci si lava, ci si pettina, si esce, si va al bar, si scansano i cadaveri, non ci fai più caso» (da «La peste», 1974).

Ha paura che dovremo tornare ad indossare le mascherine?
«Queste maschere ormai sono una cosa mia, che dolore che fatica buttarle via» (da «Cerco un gesto naturale», 1973).

Il signor G. aveva iniziato con il rock and roll. Magari oggi le piacciono i Maneskin?
«Coi giovani sono intransigente, di certe mode, canzoni e trasgressioni, non me ne frega niente» (da «La razza in estinzione», 2001).

Almeno un augurio per il 2023, signor G. Ne resta almeno uno per il futuro?
«Io se fossi Dio preferirei il secolo passato. Se fossi Dio rimpiangerei il furore antico dove si odiava e poi si amava e si ammazzava il nemico» (da «Io se fossi Dio», 1982).

Nemmeno di fronte ai nati in questi anni confusi trova un anelito di fiducia, di ottimismo?
«Non insegnate ai bambini, non divulgate illusioni sociali. Non gli riempite il futuro di vecchi ideali. L'unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura. Non esaltate il talento che è sempre più spento. Non li avviate al bel canto, al teatro, alla danza, ma se proprio volete raccontategli il sogno di un'antica speranza. Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi il cuore e la mente stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente» (da «Non insegnate ai bambini», 2003).

Omnia vincit amor?
«No, non temere, non indugiare, non si fa del male, se è puro amor» («Non arrossire», 1961).

Ed è puro amore quello che vive lei, quello che viviamo noi?
«Quando sarò capace di amare mi piacerebbe un amore che non avesse alcun appuntamento con il dovere» (da «Far finta di essere sani», 1973).

Attende il discorso di Mattarella agli italiani?
«Mi scusi Presidente se arrivo all'impudenza di dire che non sento alcuna appartenenza. E tranne Garibaldi e altri eroi gloriosi non vedo alcun motivo per essere orgogliosi. Mi scusi Presidente, ma ho in mente il fanatismo delle camicie nere al tempo del fascismo da cui un bel giorno nacque questa democrazia che a farle i complimenti ci vuole fantasia... Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono» (da «Io non mi sento italiano», 2003).

Eppure sorride, Giorgio: vede il sol dell'avvenire?
«È come un'illogica allegria, di cui non so il motivo, non so che cosa sia» (da «Un'illogica allegria», 1980).

Chiedo scusa se parlo di Lenin: che fare?
«Far finta di essere sani» (da «Far finta di essere sani», 1973»).
Ecco, forse ho capito, questa intervista impossibile, tra un impegnato e un non so, è solo un modo, impossibile anch'esso, di rompere l'assedio. Ma sempre meglio mettere balsamo sulle ferite aperte che sale grosso.

Ps. Quasi quasi mi faccio uno shampoo.

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