Pistoletto: «Il mio Terzo Paradiso per salvare il mondo»

Lectio Magistralis alle Belle Arti

Pistoletto a Belle Arti
Pistoletto a Belle Arti
di Alessandra Pacelli
Mercoledì 24 Maggio 2023, 08:31 - Ultimo agg. 15:28
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«Un grande Maestro non solo nella pratica artistica ma anche nella trasmissione dei valori sociali e civili». Con questa motivazione il direttore dell'Accademia di Belle arti di Napoli, Renato Lori, ha conferito ieri il titolo di «Accademico d'onore» a Michelangelo Pistoletto, che in segno di gratitudine bacia la pergamena che gli viene consegnata in un'aula magna gremita di studenti. Al termine della cerimonia e della sua lectio magistralis, Pistoletto viene assediato come una rockstar, con i ragazzi che gli chiedevano autografi da scrivere persino sulle magliette che indossano. Poi tutti giù per strada, davanti all'ingresso dell'Accademia, dove si è svolta la performance collettiva «La bandiera del mondo»: un grande serpentone di bandiere dipinte e posizionate da tutti i presenti a formare il simbolo del «Terzo paradiso», l'ultimo suo segno iconico - dopo le mitiche opere specchianti e Veneri degli stracci - che ha già fatto il giro del mondo. E le bandiere di Russia e Ucraina vengono messe vicine, perché bisogna impegnarsi per una «pace preventiva», dice con forza l'artista piemontese.

Tra pochi giorni, il 25 giugno, compirà 90 anni ed è tempo di bilanci: chi è veramente Michelangelo Pistoletto?
«Sono una persona che attraverso l'arte ha cercato la propria identità.

E cercandomi mi sono trovato nell'autoritratto. Per fare un autoritratto bisogna guardarsi allo specchio, e così ho scoperto anche che non sono solo, perché ci sono io ma ci sono anche gli altri. Nascono così le mie opere specchianti, che si impadroniscono di tutto e inglobano nell'opera tutti quelli che le guardano».

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Quale è stato l'anno fondamentale che ha segnato la svolta nel suo processo creativo?
«Tra il 1960 e il 61, quando sono passato dal fondo oro delle mie opere al nero specchiante. Nello specchio ho ritrovato la stessa luminosità dell'oro, che è sempre stato ispiratore di trascendenza, ma con in più il senso dell'immanenza, cioè la realtà abitata dall'uomo».

E l'Arte Povera? Ha ancora senso oggi parlare di Arte Povera?
«Avrà sempre senso perché rappresenta l'essenza dell'arte. È come mettere un seme nella terra: poi germoglia e produce vita».

Una sua «Venere», per di più in formato maxi (alta 10 metri), verrà a piazza Municipio: testimone del suo legame con Napoli?
«La "Venere degli stracci" è oramai un'icona del nostro tempo e portarla in questa città ha molto senso: Napoli rappresenta il punto di congiunzione tra un'umanità stracciata e una nobiltà antichissima che ha tenuto in piedi la cultura e la bellezza. La "Venere" rigenera il degrado, è portatrice di un'idea "venerabile", cioè spirituale, capace di mettere in moto il necessario processo di rigenerazione».

Dalla galleria di Lucio Amelio e la collezione «Terrae Motus» al metrò dell'arte... Napoli ha sempre molto amato il suo lavoro: ma la città ha anche inciso sulla sua creatività?
«Napoli è stata al centro di molte mie esperienze, prima con Lucio Amelio poi con Lia Rumma. E Napoli la associo anche ad Amalfi, alla storica mostra del 1968 che tenne a battesimo proprio l'Arte Povera. Poi è venuta la metropolitana dell'arte, dove ho opere a piazza Dante e piazza Garibaldi, che ha il merito di aver messo l'arte alla portata di tutti creando una sorta di museo obbligatorio (come teorizza Achille Bonito Oliva, ndr)».

Con il suo lavoro lei sente di aver inciso sui processi sociali del suo tempo?
«Sì, in particolar modo con il "Terzo paradiso". Il primo paradiso è quello naturale, il giardino dell'eden; il secondo è quello artificiale, realizzato dall'ingegno dell'uomo che ha dato risultati meravigliosi nei secoli ma ora genera degrado; il terzo, nella mia idea, ha lo scopo di fare da cesura tra i due paradisi precedenti per ricreare l'armonia perduta. Oggi è necessario imparare ad essere dei buoni giardinieri».

Il «Terzo paradiso» ha compito 18 anni ed è oramai maggiorenne: camminerà con i suoi piedi come lei ha sempre auspicato?
«Ma certo! Basti pensare che già sono nate 230 ambasciate del "Terzo paradiso" in diverse parti del mondo, grazie all'impegno di persone che ne hanno recepito il messaggio riproponendolo in realtà ognuna diversa dall'altra assecondando le esigenze del proprio territorio. L'arte è una pratica di utilità che deve servire a tutti, deve migliorare la vita di se stessi e quindi di chi ci sta intorno. In questo senso, l'egoismo vero è l'altruismo».

Ma è vero che con l'arte si salverà il mondo?
«Ne sono convinto: l'arte è la necessita di cercare nuove prospettive, in cui etica ed estetica fanno da elementi cardine. E poi l'arte racconta la storia dell'umanità, senza arte non conosceremmo le avventure vissute dall'uomo».
 

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