India, viaggio nella spiritualità: dal più grande raduno religioso del mondo ai luoghi del pellegrinaggio - Video

India, viaggio nella spiritualità: dal più grande raduno religioso dell'umanità ai luoghi del pellegrinaggio (foto Silvia Natella)
India, viaggio nella spiritualità: dal più grande raduno religioso dell'umanità ai luoghi del pellegrinaggio (foto Silvia Natella)
di Silvia Natella
Venerdì 1 Marzo 2019, 20:01 - Ultimo agg. 7 Marzo, 09:27
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Guardano dritto negli occhi e sembra che scavino dentro l’anima. Ci si imbatte in migliaia di sguardi indiani durante il Kumbh Mela, storico pellegrinaggio hindu che quest’anno ha avuto il suo culmine il 10 febbraio con il suggestivo bagno nel fiume Ganga (Gange). 
 

 


Il viaggio a stretto contatto con le religioni professate in India è iniziato da qui, da Allahabad - città dello stato federato dell'Uttar Pradesh in cui confluiscono i fiumi Ganga, Yamuna e Saraswati - che ospita la festività religiosa a rotazione e che per l’occasione ha allestito un enorme campo tendato per famiglie, giovani e anziani. L’Ardh Kumbh Mela, ricorrenza di livello intermedio, si celebra ogni sei anni e quest’anno è iniziato il 15 gennaio per poi concludersi il 4 marzo. Un periodo durante il quale si sono inasprite le storiche tensioni con il Pakistan. L'evento ha attirato 150 milioni di fedeli di tutte le caste promettendo la purificazione dai peccati e la salvezza eterna. Eccezionalmente anche i Naga Sadhu, asceti che vivono la loro esistenza nudi, ricoperti soltanto dalla cenere, abbandonano le grotte dell’Himalaya per partecipare alla cerimonia. Sono loro ad aprire la processione verso le acque sacre nel più affollato raduno religioso dell’umanità. Nel rituale dell’immersione seguono altri Sadhu e poi i Guru (capi/maestri) portati dai loro seguaci fino alla riva su baldacchini e trattori addobbati. Infine, è la volta dei comuni pellegrini, che possono bagnarsi fino al tramonto. 

Davanti agli occhi è un trionfo di colori, a tratti kitsch, con cori che inneggiano a Shiva e una devozione inimmaginabile per il mondo occidentale. L’Intera India si svela con le sue contraddizioni, le sue tradizioni e abitudini, la scaramanzia e la ritrosia a entrare in un futuro verso cui il Paese e le grandi città sono già proiettati. Chi sogna da anni di andare in India per incontrare una cultura completamente diversa non può restare deluso dal colpo d’occhio. Per gran parte della popolazione il tempo si è fermato: le donne indossano ancora sari dai colori brillanti, le mucche circolano liberamente mischiandosi alle persone e i santoni sono pronti a benedire la fronte di chiunque. La povertà è visibile dalle strade dissestate, dalle lunghe file in cerca di un pasto e dall’assembramento di bambini che chiedono l’elemosina, ma sono in molti ad avere uno smartphone pronto a scattare selfie. 


L’India non è per tutti, ma chi è pronto a viverla non può resistere al suo fascino. L’incontro è con una civiltà antica, una cultura profondamente diversa all’apparenza, ma che riserva affinità sorprendenti. Credenze e superstizioni non sono poi così lontane da quelle che caratterizzavano il nostro Sud d’Italia decenni fa. E sono parte preponderante dell’Induismo, culto così primordiale e così caotico da essere agli antipodi con il Buddhismo, credo presente ma in misura minoritaria. In India ogni aspetto della vita è permeato dalla religione e la moltitudine delle divinità del Pantheon Hindu non è che la manifestazione dello spirito trascendente e indefinito di cui il creato è pregno. L’esistenza terrena è ciclica e soggetta alla legge del Karma: solo un comportamento corretto può portare alla reincarnazione in un’entità superiore e più consapevole, ma durante ogni esperienza limitata tutto resta immutabile. Il Buddhismo nacque come reazione all’immobilità delle caste e stimolo a cercare la verità nell’ambito delle proprie vite terrene. Il tour organizzato dai Viaggi del Bassotto prevede anche la visita ai più importanti luoghi del pellegrinaggio buddista, a partire da Bodhgaya, nel Bihar, dove il principe Siddharta Gautama raggiunse il Nirvana.


Il tempio Mahabodhi sorge nel punto esatto dell’illuminazione, circondato da un giardino in cui affonda le sue radici un fico discendente da quello originario. Sembrerebbe un luogo di pace e meditazione se non fosse per le centinaia di pellegrini che ogni giorno arrivano per pregare la statua del Buddha all’interno. Da qui fino al confine con il Nepal è un susseguirsi di templi, monasteri e Stupa (monumenti per le reliquie) che simboleggiano alcune delle tappe principali della vita del Buddha. Nei parchi si è lontani dal traffico, dai clacson assordanti, dalla vivacità delle strade crocevia di motorini, risciò e persino animali. Si è immersi in una temporanea tranquillità, la stessa che pervade Nalanda (a Rajgir), un tempo antica università e oggi un mucchio di rovine. Fondata nel V secolo d.C., fino al XII - quando fu  saccheggiata e bruciata dagli invasori musulmani - ospitava diecimila monaci dediti allo studio della teologia, dell’astronomia e della medicina. Non è rimasto nulla neanche delle tre biblioteche fornitissime, ma la visita è ugualmente suggestiva. La guida indiana Akshat Jain (Akki) ci ha condotto nel labirinto di rovine dai toni rossi e marrone e mostrato le celle degli studenti. I resti aprono all’immaginazione e trasportano idealmente in un luogo remoto in cui cultura e religione si fondevano perfettamente. 


Antico e sacro convivono soprattutto a Varanasi, la città dove gli induisti vanno a morire per ottenere la Moksha, la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni. I Ghat, ripide scalinate, portano al fiume Ganga riversandosi direttamente nelle acque della purificazione, delle preghiere e delle offerte. Non c’è niente di più emozionante in India di una gita in barca al largo di Varanasi. Ondeggiare sul fiume offre una punto di vista d’eccezione sul rito di Aarti, cerimonia che si tiene dopo il tramonto con fuochi, canti e fumi di incenso. Impossibile restare indifferenti davanti al misticismo e al silenzio di migliaia di fedeli che ogni giorno affollano il Dashashwamedh Ghat. Le luci e le voci dei monaci rendono il momento tra i più memorabili del viaggio, una pausa della coscienza nel fluire delle sensazioni e un’occasione per assorbire una filosofia che fa del presente il tesoro più prezioso per la propria eternità. È come se la vera essenza dell’India e dell’Induismo fosse racchiusa in questa città, tra le più antiche al mondo. Passeggiare nei vicoli con il rischio di infangarsi, calpestare escrementi ed essere assediati dai procacciatori di clienti è un’esperienza forte. Gli odori della vita si amalgamano con quelli della morte. Benares (altro nome per Vanarasi) è un forno crematorio a cielo aperto. All’alba, con i colori del primo sole che si riflettono sull’acqua e sugli edifici in pietra, si può assistere alle abluzioni quotidiane e alle pire funerarie con cui il corpo del defunto viene bruciato per la salvezza dal ciclo karmico di morte e rinascita. 


La crociera sul Ganga è un modo per guardare ai costumi indiani. È come spiare all’interno di tante finestre.
La vita con i suoi rituali quotidiani pullula e niente è privato a Varanasi: c’è chi lava se stesso o i panni in quello che è considerato uno dei più inquinati fiumi del pianeta e c’è chi lascia un’offerta pregando Madre Ganga. Abitudini così distanti, davanti alle quali qualcuno potrebbe storcere il naso. L’India non è per tutti, ma attraversandola si spera di trovare le risposte alle proprie domande. C’è anche chi prova un po’ di sana invidia per chi vive nei villaggi, lontano dal progresso e dallo stress. Lungo il viaggio lo sguardo incontra tanti piedi nudi e tanti sorrisi e ci si chiede se la felicità non sia questa: correre nei campi in libertà. 

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