2022 libri, top e flop: Giordano e gli altri, le parole del trauma

La top ten da Cordelli alla Marrone

2022 libri, top e flop: Giordano e gli altri, le parole del trauma
di Generoso Picone
Giovedì 29 Dicembre 2022, 08:23
4 Minuti di Lettura

È stato l'anno in cui gli dei se ne sono andati e gli arrabbiati sono rimasti. Occorrerà abituarsi a declinare stagione dopo stagione l'antica invettiva che Marinetti rivolse a D'Annunzio e che gli Area presero a titolo per il loro lavoro del lontano e vicino 1978. Questo 2022 ha dato l'addio a narratori, poeti, critici come Alberto Asor Rosa e Piergiorgio Bellocchio, la Cavalli e Citati, Enzensberger e Guglielmi, Yehoshua e La Capria, Marias e Pahor: insomma a un significativo pezzo della cosiddetta generazione dei padri che ha lasciato i figli di un tormentato rapporto freudiano a fare i conti con una condizione di spaesamento da orfani, per giunta attraversata dagli effetti traumatici prima di una straziante pandemia mondiale e poi di una drammatica guerra nel cuore dell'Europa.

Inevitabile che le prove di scrittura ne abbiano subìto l'influenza, diventando insieme tormentato referto e preoccupato tentativo di comprensione di una realtà sempre più complicata e sfuggente. Il canone se è lecito pronunciare ancora un termine simile di orientamento è segnato da tanta bivalenza. Non per approntare una classifica, semmai per azzardare un'ipotesi e un itinerario di lettura.

I MIGLIORI

Mario Giordano: «Tasmania» (Einaudi)
L'autore di La solitudine dei numeri primi ha pubblicato il romanzo che forse meglio espone il tessuto lacerato di chi vive la contemporaneità: Tasmania è il racconto di chi si sulle ferite provocate dal trauma costruisce una sintassi dell'animo umano.

Il trauma, cioè ogni tipo di trauma.

Lucrezio: «De rerum natura» (Mondadori) nella traduzione di Milo De Angelis Poi c'è il mondo, l'aperto di Rainer Maria Rilke, l'infinito e il nulla che De Angelis misura nella trasposizione dell'esametro conservando la potenza della lingua.

Javier Marías: «Tomàs Nevinson» (Einaudi)
Il ritorno delle profondità dell'animo umano con l'ultima opera del narratore di Berta Isla, di cui questo romanzo è il seguito. C'è sempre un mistero che scalza le indagini di commissari, magistrati e marescialli e resta insondabile.

Franco Cordelli: «Tao 48» (La nave di Teseo)
Un gioco in punta di disincantata ironia che compone una sorta di puzzle in 48 brani, la scrittura dell'osservazione e della distanza in una Roma universale per trattenere l'essenziale e continuare alleggerendosi dei pesi dell'esistenza.

Dacia Maraini: «Caro Pier Paolo» (Neri Pozza)
Nell'anno pasoliniano l'omaggio di una sua compagna di viaggio in 37 lettere immaginate che restituiscono il profilo e la dimensione del maggiore critico della modernità squilibrata italiana. Un sentimento che si prolunga nel tempo e si compone di grana politica.

Marco Missiroli: «Avere tutto» (Einaudi)
Un padre che risente il figlio, un dialogo che diventa rincontro, il ritorno da Milano nella Rimini delle origini, i fantasmi del passato, i segreti di entrambi che si schiudono, le verità che emergono: è la trama di un romanzo dove anche e forse soprattutto i silenzi riescono a raccontare.

Jonathan Coe: «Bournville» (Feltrinelli)
Una saga familiare che ruota intorno a una fabbrica di cioccolata nella Gran Bretagna uscita dalla Seconda guerra mondiale: la storia di Mary che si intreccia tra infanzia e vecchiaia con le vicende sociali e politiche di un Paese dai discorsi di Winston Churchill agli annunci della Brexit e del Covid-19.

Gian Marco Griffi: «Ferrovie del Messico» (Laurana)
Esordio importante con una lingua ricca e stratificata sardo, tedesco, romano che sfocia in una pagina grottesca e colta. Un romanzo quasi enciclopedico, avventura picaresca allo stato puro, evasione intelligente.

Inès Cagnati: «Génie la matta» (Adelphi)
Il romanzo della scrittrice italo-francese scomparsa 15 anni fa, una struggente storia di violenza, ripudio e amore nella Francia rurale consegna il profilo di un personaggio straordinario e indimenticabile.

Titti Marrone: «Se solo il mio cuore fosse pietra» (Feltrinelli).
In una villa di campagna dove nel 1945 trovano riparo i bambini reduci dai campi di sterminio è ambientata una storia vera che nella trasposizione narrativa si fa paradigma del dolore e del dramma del male.

LE DELUSIONI

Michel Houellebecq: «Annientare» (La nave di Teseo)
I libri dell'autore di Le particelle elementari sono per definizione divisivi. In questo l'argomento è il confronto con la morte, dunque programmaticamente definizione di Houellebecq «deprimente». Funziona nella seconda parte, la prima rispetta le attese.

Erin Doom: «Fabbricante di lacrime» (Salani)
Il caso letterario dell'anno, dicono. Sotto lo pseudonimo una misteriosa scrittrice italiana amata dal giovanissimo pubblico di Tik Tok. Contenti loro.

Gianrico e Giorgia Carofiglio: «L'ora del caffè» (Einaudi)
Un manuale di conversazione tra padre e figlia. Punto.
 

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