Aldo Masullo, il maestro del pensiero che sapeva dialogare con tutti: il ricordo di Titti Marrone

Aldo Masullo, il maestro del pensiero che sapeva dialogare con tutti: il ricordo di Titti Marrone
di Titti Marrone
Sabato 25 Aprile 2020, 21:00 - Ultimo agg. 21:13
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Aldo Masullo aveva appena compiuto 97 anni, proprio a Pasqua, il 12 aprile. E anche se l'età era più che avanzata, si fa davvero fatica ad accettare l'idea che possa essersene andato, che non risuoni più al telefono quella sua voce squillante, dal timbro sempre affabile come se portasse incisa in permanenza una nota gioiosa. Quel giorno del suo 97mo compleanno era stato arduo raggiungerlo al telefono, bollente per le centinaia di auguri arrivati da amici, discepoli, ex allievi e fans che nutrivano per lui un'adorazione sterminata e trasversale per età e ceti sociali. Ma la voce era più affaticata, e da qualche tempo diceva di sentirsi stanco. Disse che la pandemia di coronavirus lo annichiliva, come un morbo dell'anima. E nell'intervista che mi rilasciò per quel 97mo compleanno, la paragonò a una «guerra arrivata quasi in pantofole», che non si faceva riconoscere e lo lasciava in uno stato «quasi soporifero. Ce ne stiamo come chi riceve una mazzata - diceva - storditi. Investiti da un grande sonno che toglie la lucidità, la capacità di pensare. Per questo non riesco a scrivere», si rammaricava.

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Masullo è stato un uomo amatissimo, un filosofo incantatore, un oratore brillantissimo, un editorialista straordinario, il suscitatore di un autentico culto laico che lo ha visto protagonista di siti web, pagine Facebook e perfino di un ciclo di dialoghi geniali con un cartone animato, la Volpe Sophia inventata da Andrea Lucisano. La ricchezza dei suoi interessi, la vivacità della sua intelligenza facevano di lui una specie di uomo-puzzle che nessuna tessera, da sola, bastava a definire. «Soprattutto, non una tessera di partito», diceva lui, scherzando ma non troppo, pensando ai suoi trascorsi politici. Era stato dossettiano, poi dagli anni '70 al 2001, sempre a sinistra: deputato del Pci, poi senatore diessino, poi sul punto di essere candidato a sindaco di Napoli nel 1993, ma comunque in una costante prospettiva d'indipendenza.

Il ragazzo nato ad Avellino nel 1923 aveva passato a Torino i primi dieci anni della sua vita, per poi spostarsi con la famiglia a Nola, città che sempre avrebbe amato e di cui avrebbe come introiettato la figura del pensatore-genius loci. «Napoli è stata una mia scelta - diceva - Ho scelto di restarci, anche se naturalmente vivere a Milano mi avrebbe offerto maggiori possibilità in campo culturale». Ma si diceva più che soddisfatto della sua decisione: «Questa città mi è entrata nel sangue, è una città estroflessa, che vive sulla strada, metaforicamente, mentre io sono una persona che vive, sempre in senso metaforico, nella propria stanza. Anche se, di fatto, starei sempre in mezzo alla gente».
 
 

Su Masullo uomo irriducibilmente libero sorse la leggenda - da lui smentita - di uno schiaffo mollato in pieno viso a Fiorentino Sullo davanti al caffé Lanzara di Avellino; c'è stato, negli anni dopo Tangentopoli, il quasi candidato a Sindaco di Napoli che scontentò D'Alema. E sempre, c'è stato l'uomo che amava Giordano Bruno, il cimento delle idee e, in breve, la vita stessa. Molto più triste per lui, da quando, il 31 dicembre 2001, aveva perso la compagna di sempre, sua moglie Iolanda, alla quale ha dedicato una raccolta di versi dal titolo Tu, murata nel carcere del nulla.

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La sua storia di filosofo cominciò quasi per caso, dopo una memorabile litigata con Girolamo Arnaldi che lo indusse a «passare» da Lettere moderne a Filosofia. Dunque, il filosofo capace di un'interpretazione innovativa di autori come Fichte, Hegel e Husserl, arrivò alla filosofia come «seconda scelta». Ma poi dai suoi maestri, Aliotta e Carbonara, imparò gli strumenti analitici e quelli di una critica vivissima verso le pretese fondative della filosofia. E in breve diventò un mito per gli studenti della Federico II. Ancor prima che diventasse ordinario di Filosofia morale, nel 1967, seguire le sue lezioni fu l'elemento distintivo per gli studenti che aspiravano al massimo. E sì che i suoi corsi, i suoi esami, con libri «tosti» come Struttura, soggetto, prassi, o Il tempo e la grazia imponevano devozione assoluta, tributata a piene mani da giovani napoletani tra cui spiccarono nomi come quelli di Giuseppe Cantillo, Maria Paola Fimiani, Biancamaria d'Ippolito e ancora Bruno Moroncini, Franco Donadio, Fabio Ciaramelli, Berardo Impegno, Grazia Pagano, Giovanna Borrello e tanti altri.

E non c'è studente che abbia frequentato le sue lezioni a non avere un ricordo vividissimo di lui: di quando fu aggredito da un gruppo di studenti di destra, delle gare per assicurarsi un posto in prima fila nell'aula 5 di Lettere un maestro del pensiero come bussola di vita.
 

La molteplicità dei suoi interessi lo spingeva a occuparsi di arte, di musica, di cinema, di letteratura. A incontrare, nella sua casa di viale Michelangelo, allievi e giovani con cui s'intratteneva con generosità e gioia. A partecipare a convegni, dibattiti, incontri culturali di varia natura nonostante dicesse di sé di essere «un uomo naturalmente solitario». Non molto tempo fa, in un'intervista, si parlava di Cicerone, che scrisse il De senectute a 60 anni, di Bobbio che a 87 scrisse un libro con lo stesso titolo ma rovesciando la visione apologetica della vecchiaia. Gli chiesi: come la vede lei? «Devo proclamare la mia gratitudine alla natura perché il mio corpo resiste ancora bene. E poi io provo ancora grande entusiasmo per la vita. Stamattina ho fatto un incontro con gli studenti di Pomigliano d'Arco e sono stato felice: io ho parlato loro, e ho sentito che vibravano insieme a me». 
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