Nestore, la culla vuota e i corpi a mezzanotte

Nestore, la culla vuota e i corpi a mezzanotte
Nestore, la culla vuota e i corpi a mezzanotte
di Alessandra Pacelli
Mercoledì 7 Aprile 2021, 09:58 - Ultimo agg. 8 Aprile, 10:31
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Il corpo irrompe prepotente nella materia poetica, s'incarna nelle parole, si presenta e si impone, cerca spazio e voce affinché non solo i pensieri ma anche le membra, i muscoli, le ossa, l'impianto umano nella sua interezza trovi spazio e voce. Questo il compito che si è dato Angelo Nestore con I corpi a mezzanotte (Interlinea, pagine 55, euro 12, introduzione di Franco Buffoni), un compito che assolve con potenza e lievità allo stesso tempo, facendo sue le istanze Lgbt ma rimandandocele con tenerezza, come un dono più che una rivendicazione.

E tutto scorre su un doppio binario, a cominciare dalla personale biografia che lo vede tra il Salento natio e la Spagna di adozione, la figura mitizzata della madre che si oppone a quella del padre, il desiderio insoddisfatto (per ora?) di paternità che si confonde con il senso ancestrale della maternità, dunque l'assenza del figlio desiderato e la sua evocazione immaginifica che invece lo rende presente, protagonista vivo dei «Canti a una culla vuota» che, almeno attraverso i versi, tanto vuota non è: «Lei non sa che sulla schiena/ porto il peso di tutte le mie figlie immaginate».

E a proposito di tenerezza: «La mia bambina, che non è la mia bambina, vive come me in periferia,/ il suo corpo ancora alla ricerca della caduta».

Qualche volta Nestore racconta il senso di incompiutezza che lo assale, che però esula dalla dimensione omosessuale e diventa desolazione collettiva: «c'è un geranio sulla finestra/ che si piega e mi chiede acqua,/ che mi ricorda troppo l'aridità/ di due uomini che si amano». A questo punto invitiamo il poeta a non bloccarsi nell'idea della «Apocalisse della mascolinità», perché nell'amore - tra due uomini, tra due donne, tra chiunque - l'aridità non è mai possibile.

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