Barioni, il tenore che amava Napoli, in un libro di Camilla Ghedini

Barioni, il tenore che amava Napoli, in un libro di Camilla Ghedini
Mercoledì 30 Ottobre 2019, 20:03
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Daniele Barioni, il tenore che amava Napoli. Lo presenta la scrittice emiliana Camilla Ghedini nella biografia romanzata "L'uva e l'acciaio", Giraldi editori: un dialogo immaginario tra il grande tenore di fama mondiale e un aspirante giovane tenore, Agostino, imbrigliato nei sogni di carriera paterni, consapevole della propria assenza di talento eppure spaventato dall'idea di fallire le aspettative altrui. Una narrazione pensata non tanto e non solo per gli addetti ai lavori, quindi per gli amanti dell'opera, quanto per chi si interroga sul proprio valore e può vedersi riflesso nell'uno o nell'altro personaggio.

Barioni che oggi ha 89 anni e vive a Ferrara,  si esibì a Napoli diverse volte, tra cui nel 1956, nella Madama Butterfly di Puccini, nel 1964, nella Cavalleria Rusticana di Mascagni, nel 1971, sempre in Madama Butterfly.  Si è esibito in tutto il mondo, da New York a Philadelphia, da Honolulu a Dublino, da Rio De Janeiro a Città del Capo. Ma sono le tappe italiane - da La Scala di Milano al Teatro Massimo di Catania passando appunto per il San Carlo di Napoli -  quelle che lui ricorda con particolare affetto perché, dice: «E' vero che ho vissuto prevalentemente in America, che ho amato New York, ma l'Italia è sempre stata casa». Nella nostra città il tenore conobbe Totò, con il quale mantenne a lungo un rapporto di amicizia.

Daniele Barioni, nato a Copparo (Ferrara) nel 1930, vive a Ferrara. Figlio di agricoltori, appena diciottenne fu mandato dalla madre Wanda, detta Fedora, a studiare canto a Milano. Esordi nel 1954 al Teatro Nuovo, come Turiddu, nella Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni.  Tra il pubblico c'era Rudolf Bing,  l'allora direttore del Metropolitan di New York, dove Barioni debuttò il 20 febbraio del 1956, nel Caravadossi della Tosca, in sostituzione del famoso Giuseppe Campora. Iniziò così la sua trionfale carriera, cementata dal matrimonio con la pianista italo americana Vera Franceschi, morta di leucemia nel 1966. Il suo è stato un successo internazionale, che lo ha visto esibirsi in America come in Sudafrica e in tutta Europa. Spontaneamente vi si sottrasse con la prematura scomparsa della moglie. 


 
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