Altro che raccolta fantastica di favole e leggende, il Cunto de li cunti di Basile è la rappresentazione realistica di un secolo, il Seicento, in cui il mondo ha perso tutta la sua innocenza, è diventato pazzo, ingovernabile, confuso. Si stanno diffondendo le scoperte rivoluzionarie di Copernico e l'uomo sa di non essere più al centro dell'universo. Il movimento dei pianeti e la circolazione del sangue insegnano che ogni equilibrio è finto. Bernini, chiamato a Parigi per scolpire la statua di Luigi XIV, chiede al sovrano di non mettersi in posa ma di muoversi, perché l'armonia immutabile non esiste. Le crisi economiche, le pestilenze e le continue rivolte aumentano il senso di precarietà dell'esistenza.
«Caduta ogni certezza e svanito l'equilibro rinascimentale, la realtà si mostra sfuggente e molteplice all'individuo barocco che cerca pertanto di imbrigliarla o di riprodurne l'estrema mutevolezza attraverso continue metamorfosi».
«Bisogna rileggere Basile utilizzando categorie diverse. Scopriremo che il Cunto racconta tantissimo della nostra storia, italiana ed europea, delle tensioni e delle suggestioni. Alla crisi del suo tempo Basile risponde in maniera del tutto originale trasportando le assurdità, le maschere, gli inganni e le verità del reale in un universo narrativo imprevedibile che non solo diventa un modello che avrà larghissima fortuna, ma che rappresenta anche una possibilità per raccontare la modernità». In diversi punti delle Egloghe che seguono le giornate, Basile denuncia la convinzione, diffusa nel suo tempo, che sia possibile migliorare le proprie condizioni di vita con l'inganno, la disonestà, la violenza. Cola Ambruoso, una delle due voci di La Tenta, rivela a Marchionno che tutta la realtà è inganno e l'arte del tingere «piglia a patto / no scarafone, che te para gatto!», ed è possibile «dace a lo male titolo de bene». La lettura fino ad oggi data del Cunto come opera minore del canone è sbagliata, ingenerosa, riduttiva.
«La lingua napoletana con cui è stato composto e la materia narrata di stampo fiabesco fanno sì che venga inserito in piccole sezioni della letteratura seicentesca relative alla narrativa dialettale o popolare, di cui l'opera è certamente eccelso esemplare, ma che sembrano insufficienti per contenere la complessità di un testo che è interprete originalissimo di un secolo articolato quale è appunto il XVII». In fatto di stile, Basile è stato un innovatore e un rivoluzionario: «Con la lingua letteraria napoletana ha fatto la stessa operazione che ai giorni nostri è stata eseguita da Camilleri con il siciliano. Entrambi hanno recuperato una tradizione facendola rivivere e assegnandole il giusto posto». Oggi tutti riconosciamo il valore della musicalità e della letterarietà dello stile dell'autore di Montalbano, dovremmo rendere gli stessi omaggi al Basile.