Benedetto Croce, il filosofo che sapeva amare nella biografia di Emanuele Cutinelli-Rendina

Il nuovo biografo di Croce si sofferma anche sulla vita privata e sugli amori del filosofo. Come quello con Angela Zampanelli

Benedetto Croce
Benedetto Croce
di Massimo Novelli
Martedì 13 Dicembre 2022, 11:00
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Sul «Fanfulla della domenica», il 2 luglio 1893, il filosofo di Capua Raffaele Mariano osservava a proposito di uno scritto di Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 - Napoli, 20 novembre 1952) che «questo giovane signore alla nobiltà e serietà dell'animo aggiunge il pregio di passare il tempo lavorando indefesso, e di spendere l'eletto ingegno ed il largo censo avito promuovendo la cultura nazionale: un pregio, che è rampogna ai tanti fra noi che consumano la vita vergognosamente, credendo che dovere del signore sia il non far niente».

Don Benedetto aveva all'epoca appena 27 anni, ma il suo ritratto era già quello che il grande italianista Gianfranco Contini avrebbe tracciato nel 1953, quando osservò che la sua «fu una vita nella quale, meno per la lunghezza che per l'intensità, la Natura, data la posta in gioco, parve aver superato se stessa». Chiosa lo studioso crociano Emanuele Cutinelli-Rendina in un saggio sui primi biografi di don Benedetto che «la prodigiosa intensità di cui scriveva il critico ossolano dovette essere evidente non solo a chi, come lui, si trovò a entrare in contatto con il Croce della piena maturità, e poi con quello dei non meno operosi e a modo loro altrettanto intensi e fecondi anni della vecchiaia, ma si manifestò fin dalle origini dell'attività crociana». 

Cutinelli-Rendina, professore ordinario di italianistica all'università di Strasburgo, curatore tra l'altro di vari carteggi crociani, è l'autore della nuova imponente biografia a lui dedicata: Benedetto Croce. Una vita per la nuova Italia (pagine 744, euro 50). L'editore Nino Aragno ha pubblicato in questi giorni il primo volume dell'opera, in cui si dà conto degli anni dell'infanzia, della tragedia di Casamicciola dove Croce perse i genitori, del ritorno a Napoli e dell'incontro con Giovanni Gentile, arrestandosi alla fine della Grande Guerra, avversata dal filosofo.

Fra due o tre anni seguirà il secondo tomo.

In modo significativo la fatica di Cutinelli-Rendina si chiude con la citazione di una lettera di Croce del 3 febbraio 1918. A qualche mese dalla fine della guerra, il filosofo, storico e critico ricordava: «Io, che ho sempre frugato con animo ansioso e doloroso le pagine della storia d'Italia e perciò ho accolto e seguito la guerra presente con tensione e trepidazione, ho avuto opportunità di osservare che la storia, la storia vera d'Italia, è quasi ignota a tutti. Anche coloro che maneggiano i destini della patria, ne hanno idee confuse e si appagano di frasi vuote e rettoriche». Parole scritte oltre un secolo fa, che sembrano di oggi. 

Il libro dello studioso romano esce a sessant'anni dalla biografia composta da Fausto Nicolini e a settant'anni dalla morte del filosofo. E che «per uno dei massimi protagonisti della cultura europea della prima metà del Novecento», appunta Cutinelli-Rendina, «sia opportuna una nuova biografia è da tempo giudizio corrente tra gli studiosi».

In effetti, «appare ormai per più versi inadeguata quella pubblicata nel decennale della morte da chi per mezzo secolo fu accanto a Benedetto Croce come uscita nel 1962, era a monte, e pertanto inevitabilmente ignara, di un imponente lavoro critico e documentario venuto alla luce nel corso dei decenni seguenti, una volta peraltro estinto il vincolo ventennale da Croce imposto alla consultazione del proprio archivio». 

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I «sessant'anni trascorsi dalla pubblicazione della biografia di Nicolini», spiega Cutinelli-Rendina nella prefazione, «non sarebbero stati comunque molti se nel frattempo la figura di Croce si fosse in qualche modo ristretta a un episodio, importante quanto si voglia ma ormai archiviato, del Novecento italiano, come in qualche modo avrebbe potuto far presagire la tenace ostilità a cui essa andò incontro dagli anni Quaranta in poi (di ostilità a dire il vero ne incontrò sempre, ma variamente intonata, e quella del lungo secondo dopoguerra ebbe motivi suoi propri, e già allora se ne poteva avvertire il carattere ideologico più che critico, e soprattutto il tratto provinciale che rimproverava al proprio bersaglio). Sono invece tanti se, com'è appunto avvenuto e a dispetto di quell'ostilità, si è sentito il bisogno di continuare a lavorare intorno alla sua opera e ai molteplici aspetti della sua azione. Cosicché l'interesse complessivo non ha cessato di crescere, affrancandosi in maniera sempre più decisa da una vicenda di adesioni e di ripulse che in nessun caso può più essere la nostra, perché semmai richiede, tale vicenda, di divenire oggetto di una pacata storicizzazione».

Il nuovo biografo di Croce si sofferma anche sulla vita privata e sugli amori del filosofo. Come quello con Angela Zampanelli. «La modesta condizione della ragazza», narra, «che tutte le testimonianze dicono bellissima, non fu dunque ostacolo a che in breve si creasse un rapporto profondo e stabile, improntato anzitutto ad amore, che trapassò presto nella pubblica condivisione di una quotidianità domestica gestita con efficacia da lei e ritmata dal lavoro di lui». Alla morte di Angela, nel settembre del 1913, Croce «scriverà di un amore durato vent'anni». 

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