Luca Buoncristiano e Federico Primosig, la storia d'Italia ​spiegata per Bene

Le quasi duemila pagine di questo libro finiscono per diventare qualcosa che Bene diceva di odiare, pagine di Storia dell'Italia, della sua cultura e incultura

Carmelo Bene
Carmelo Bene
di Giuseppe Montesano
Domenica 29 Gennaio 2023, 11:00
4 Minuti di Lettura

Che sorpresa, scoprire Carmelo Bene (Campi Salentina, 1 settembre 1937-Roma 16 marzo 2002) attraverso 1700 pagine di interviste! Scoprire? Ma non si sa già tutto e il contrario di tutto? Il fatto è che sfogliando e leggendo e continuando a leggere questo Carmelo Bene, Si può solo dire nulla. Interviste, pubblicato da ilsaggiatore per le cure maniacali e benemerite di Luca Buoncristiano e Federico Primosig, la sorpresa è molto grande. Bastano poche pagine, prese a caso, per ritrovarsi davanti a una coerenza, a una saggezza, a un ordine mentale, a una visione chiara della realtà culturale e politica e teatrale che lasciano senza parole.

Caro lettore, metti un po' da parte l'ultimo Bene televisivo, provocatore che dissipava sé stesso anche lì coerentemente ma nonostante tutto divorato dal mezzo, e entra in un mondo che è tutt'altro che delirante o provocatorio.

Sulla politica: «Io non me la prendo con i nuovi capi, non si può accusare la mediocrità... Me la prendo con gli italiani... Questo nostro è un paese da Terzo Mondo che ora si sta facendo un lifting culturale da Terzo mondo Gli studenti? Devono imparare a farsi una loro rappresentazione del mondo. Perché oltre ai film porno non si scambiano i buoni libri?... Il giornalismo italiano è il più asservito al mondo, non si discute, non ci piove. Ma attenti, voi. Intanto mancano i posti, presto vi cacceranno in molti. E chi si salva dovrà ossequiare Berlusconi... E non vorrei un bel giorno rimpiangere l'antica democrazia dei ladri». È il 1993, non il 2003; sui social: «Bellezza suprema d'essere soli. Inutile legarci tra noi in rapporti che non sono tali, perché fatti di conversazioni. Conversazioni nel sesso, nell'erotismo, nel finto gioco. Vuol dire che non si fa, che non si agisce, vuol dire che i fatti sono fuori dai rapporti fuori dalla nostra certezza di esserci o di essere». Ma è il 1988 e Bene parla dei social.

A Fofi, che gli chiede se quando recita si sente «attraversato da qualcosa di diverso» da sé stesso: «È il fatto fondamentale. Ed è per questo che ho bisogno di leggere, proprio per questo. Ecco cosa vuol dire sparire. Devi scavalcare il virtuosismo. E per questo c'è bisogno di molto abbandono».

Non ho citato questi passi, che sfido chiunque a considerare meno che intelligenti, esatti e persino saggi, per fare il bastian contrario e sostenere che mancano in Si può solo dire nulla i deliri e le provocazioni: ce ne sono a bizzeffe! Ma è sempre quando l'intervistatore in qualche modo non capisce che Bene parte per l'assurdo, e poi, anche quando «sembra» svoltare nell'assurdo, non si può fare a meno di notare, anche nelle sfuriate più estreme, qualcosa di esatto, qualcosa che guarda ai fatti politici o teatrali o sportivi o di qualsiasi altro genere, con uno sguardo che ne vede l'altra faccia o una faccia nascosta: uno sguardo che svela la verità.

Anche per questo le quasi duemila pagine di questo libro finiscono per diventare qualcosa che Bene diceva di odiare, e cioè diventano pagine di Storia dell'Italia, della sua cultura e incultura, dei suoi costumi e burocratismi, e della difficoltà eterna per i veri creatori di ogni genere di sopravvivere in un paese che già secondo Leopardi era negato per la meditazione necessaria allo sviluppo della cultura autentica.

Bene mancava di rispetto ai critici? Beh, si vadano a rileggere non poche recensioni a quello che resta uno dei vertici del suo teatro, la lettura dell'Adelchi di Manzoni: e il delirio, di presuntuosa scioccaggine, lo si vedrà fra critici e recensori dai nomi allora importanti. Allora serve ripeterlo: Si può solo dire nulla non è un libro indispensabile solo per chi ama Carmelo Bene e il suo teatro totale, teatro anche quando è cinema o lettura o intervista, ma per chiunque vuole misurare tutta la pochezza in cui siamo precipitati in un rapidissimo volgere di anni, per chiunque vuole sapere di quante letture si nutra un vero artista, per chiunque vuole capire a che punto è arrivata la menzogna. Aveva visto per tempo un'Italia antropologicamente poveraccia soprattutto culturalmente, e che da tempo pratica lifting di presunto aggiornamento: ma il lifting su un corpo malato è solo il trucco che si scioglierà alle prime lacrime.

E Bene lascia, a chi vuol credere ancora, come è necessario e terribile fare, nella conoscenza attraverso l'arte, un messaggio segreto: «Può esserci tutto, nel lavoro di un'artista, purché ci si ritrovi la realtà dell'uomo. La realtà pur adombrata in mille forme: questo è ciò che conta. Tutto ciò che non è reale è volgare». Sì. Guardiamoci intorno. Ricominciamo a cercare ciò che è reale. 

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