«Cavalieri di marmo», storie di una Napoli nobilissima nel libro di Martusciello Cinquegrana

«Cavalieri di marmo», storie di una Napoli nobilissima nel libro di Martusciello Cinquegrana
Mercoledì 8 Settembre 2021, 16:45
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Quante volte siamo entrati nelle chiese antiche di Napoli ammirando i solenni sepolcri di marmo ivi custoditi, appartenenti ai rappresentanti delle più nobili famiglie cavalleresche del passato? Quante volte, magari, ci siamo chiesti quali fossero le storie di quegli eroici guerrieri, quali fossero i loro nomi, le loro gesta, in cosa cosistesse la loro missione?

A questo e ad altri interrogativi risponde il libro "Cavalieri di Marmo" di Roberto Martusciello Cinquegrana (Youcanprint, 196 pagine, 20 euro), un vero e proprio excursus narrativo tra le maestose tombe delle chiese napoletane. Un piccolo viaggio - o se preferiamo una passeggiata colta e appassionata - tra queste meraviglie della scultura capaci di svelare il passato glorioso di una città che fu nobilissima, la cui sacralità e il cui fascino non ha nulla da invidiare a quello delle grandi capitali europee. 

Un tour intrapreso con un cicerone d'eccezione, visto che l'autore è espertisismo del settore, essendo presidente della Compagnia dell'Aquila Bianca, nonché Responsabile Nazionale del Dipartimento di Monta Storica della Federazione Fitetrec Ante, giostratore internazionale e promotore del Campionato Italiano di Giostra in Armatura. Cinquegrana ha già scritto tanto di cavalleria, eppure chi si aspetta che il suo sia un libro "tecnico", nozionistico, un mero elenco di fredde tombe e di nomi altisonanti si sbaglia di grosso: è un vero e proprio racconto di una giornata napoletana alla ricerca di personaggi illustri, in cui non manca un pizzico di mistero e di suspence, accompagnato da un enigmatico amico la cui funzione soltanto alla fine si capirà. 

Dal 1300 al 1600, attraverso la dominazione angioina, aragonese e spagnola, conosceremo eroi come Roberto di Diano, cavaliere dell’Ordine del Nodo e dello Spirito Santo, Raimondo de’ Cabanni, cavaliere di colore e battezzato e di primo livello durante il regno di Giovanna I, o Diomede Carafa che prima di Machiavelli scrisse "I doveri del principe" per re Ferrante d’Aragona. I loro sepolcri - come quelli di tanti altri - sono ammantati di fascino e di enigmi. Riscoprirli idealmente - in un percorso che si snoda tra Santa Chiara, San Lorenzo Maggiore, San Giovanni a Carbonara, il Duomo, Santa Maria la Nova, San Domenico Maggiore, San Pietro Martire - euivale a fare i conti con il proprio passato, quando Napoli era città popolata di uomini d'arme dall'assoluta spiritualità e dall'onore indissolubile. Una città gentile e ospitale, dove i cavalieri facevano dell'audacia, del disprezzo della morte, della nobilità d’animo, della fedeltà al loro signore i valori fondanti. Essi difendevano gli orfani, le vedove, gli oltraggiati e la chiesa. Tutti aspetti che nei duri tempi d'oggi, all'ombra del Vesuvio, è assolutamente necessario ricordare e fare nostri.

Ma.

Pe. 

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