De Angelis e Napoli sullo schermo: «Le tre città unite dal suono anni 90»

Il dibattito sulla serie «La vita bugiarda degli adulti»

De Angelis e Napoli sullo schermo: «Le tre città unite dal suono anni 90»
di Federico Vacalebre
Domenica 8 Gennaio 2023, 10:27
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Città ombelicale e solo a chiacchiere identitaria, Napoli discute di sé stessa e della propria immagine ogni volta che viene portata sullo schermo. Incapace di intraprendere una riflessione sulla lucrosissima quanto devastante gentrificazione in atto, si divide, stavolta, discutendone accanitamente sui social, sulla narrazione di «La vita bugiarda degli adulti», la serie che Edoardo De Angelis ha tratto per Netflix dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante, sicuramente non il capolavoro della scrittrice misteriosa, che peraltro ha collaborato alla sceneggiatura.

De Angelis, sembra di ripartire dall'assioma di Domenico Rea sulle «due città». «Su Napoli/giù Napoli», «Napoli bene/Napoli male», Napoli borghese/Napoli popolare, Posillipo/Pascone.
«Sì, ma io parlerei di tre Napoli, almeno per come le delinea la scrittrice.

C'è la Napoli di sopra, porta del paradiso, con accesso al mare, con Posillipo e una villa bellissima. C'è la Napoli di sotto, Poggioreale, San Giovanni, con le ciminiere, allora ancora accese, a fumare per tutto il giorno. E c'è la Napoli di mezzo, quella di San Giacomo dei Capri, che non è Vomero ma quasi, dell'aspirazione borghese non compiuta di elevazione, simboleggiata, anzi incarnata da un tratto di superstrada mai finito e mai abbattuto».

Siamo negli anni bassoliniani del rinascimento. Eppure, unica immagine iconica di quella stagione è la «Montagna di sale».
«Paladino ci ha fornito i progetti originali per ricostruirla e riconsegnare l'emozione di quando la vedemmo in piazza del Plebiscito. Ma c'è anche Officina 99, ad esempio».

Voci vicine al centro sociale non hanno gradito la scena dello spaccio di droga leggera, cosa vietata, diversamente dal consumo, o della rissa tra punkettine e borghesi. Reclamano lo spirito di inclusione sociale, ancor prima che artistico, del luogo».

«Ci sta, come ci sta lo sguardo del romanzo su un luogo di frequentazione eterogenea, vera ricchezza di quell'esperienza».

A specificare il momento storico in cui si svolge l'azione, molto privata, dell'educazione sentimental-sessuale di Giannina/Giordana Marengo (una vera rivelazione), e del suo prendere le misure ai familiari (papà Alessandro Preziosi, mamma Pina Turco, zia Valeria Golino), tutti diversamente bugiardi, c'è soprattutto la colonna sonora.
«È vero, è il suono che unisce quelle tre città altrimenti incompatibili, o comunque lontane».

Disunite, direbbe Paolo Sorrentino che in «La mano di Dio» ha raccontato la Napoli del decennio precedente, gli anni Ottanta.
«I 99 Posse che vediamo in concerto, gli Almamegretta di Raiz che pure vediamo su un palco, ancora gli Zezi, anche loro vediamo dal vivo, i Bisca che ascoltiamo soltanto... sono il suono di una città che da periferia torna centrale, che da alternativa conquista i riflettori del mainstream. Un po' quello che sta succedendo oggi: la musica, a Napoli, ha sempre unito, è sempre riuscita in miracoli. Nun te scurda' che apre le danze, 'O buono e o malamente, Karmakoma-Napoli trip, Sott'attacco dell'idiozia per chi c'era sono autentiche madeleine proustiane. Per chi non c'era dicono del tempo meglio di mille ragionamenti teorici».

Il Pascone è descritto con pauperismo estremo. La villa posillipina è bella da mozzare il fiato. Eppure tutti i protagonisti si ritrovano alla Festa dell'Unità, tra un garrire di bandiere rosse e una «Fischia il vento» affidata a Raiz con gli Zezi.
«Siamo nell'attimo fuggente, molto fuggente, del rinascimento. È finita la prima Repubblica e la città, come la nazione tutta, sembra voler ripartire, e comincia dal recupero degli spazi sottratti alla socialità, proprio come Officina 99. È solo un attimo, poi arriverà il ventennio berlusconiano a chiudere ogni speranza».

Il «rimorimento». È per quello che sul finire c'è una bandiera italiana logora e stracciata, che nemmeno il vento riesce a rianimare?
«Proprio così».

Tra i luoghi della città portati, forse per la prima volta sullo schermo di una fiction, ci sono il palazzo-astronave della Casa del Portuale (la chiesa del porto dove predica Roberto/Giovanni Busseli) e gli spazi antistanti l'Arena Flegrea, che però negli anni Novanta era chiusa: riaprì solamente il 16 luglio 2021 con sua maestà Dylan. De Angelis si è concesso un cameo come membro aggiunto dei 99 Posse, proprio sul palco del centro sociale di Gianturco. E ne ha chiesto uno a Teresa De Sio, nei panni di se stessa, sulle note di «Mi votu e mi rivotu» di Rosa Balistreri. Bella la colonna sonora originale, elettronica, di Enzo Avitabile, la cui «Soul brother» compare nel racconto accanto a una «Guapparia» reloaded, a Peppino Di Capri («E mo' e mo'»), gli Alunni del Sole («'A canzuncella»), Edoardo Bennato («È stata tua la colpa»), ma anche alla «Gennarino Sioux» di Tonica e Dominante, brano peraltro sconosciuto all'epoca, per non dire di quando uscì, a fine anni Settanta, e solo recentemente rilanciato dai Nu Genea nella prima compilation di «Napoli segreta».

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