«De Martino e la letteratura», il Sud magico si fa letteratura

Lo studio di Paolo Desogus, Riccardo Gasperina Geroni e Gian Luca Picconi approfondisce la natura letteraria della saggistica demartiniana

Con De Martino il Sud magico si fa letteratura
Con De Martino il Sud magico si fa letteratura
di Ugo Cundari
Giovedì 12 Gennaio 2023, 12:00
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La figura di Ernesto de Martino è tornata di moda con prepotenza. Einaudi sta ripubblicando, con grandi apparati di note e appendici, i suoi testi più importanti, La fine del mondo, Morte e pianto rituale, Il mondo magico a cura di Marcello Massenzio, e a fine mese proporrà La terra del rimorso. Altri editori puntano su nuovi studi critici sull'etnologo nato a Napoli nel 1908, tra questi il più innovativo è De Martino e la letteratura (Carocci, pagine 296, euro 28) di autori vari, a cura di Paolo Desogus, Riccardo Gasperina Geroni e Gian Luca Picconi. Lo studio approfondisce la natura letteraria della saggistica demartiniana, che ha contribuito al suo successo tra un pubblico di non specialisti, le affinità di de Martino con i principali scrittori e intellettuali italiani del suo tempo come Carlo Levi, Alberto Moravia, Rocco Scotellaro e Pier Paolo Pasolini, e i tentativi di rileggere l'opera dello studioso dei popoli e dei riti meridionali secondo gli strumenti narrativi.

De Martino era consapevole del valore letterario, e dunque della grande carica divulgativa, dei suoi scritti, tant'è che spesso sottolineava: «Le mie opere rifuggono dalla feticizzazione delle partizioni specialistiche del sapere e dalla congiunta tendenza a dimenticare che proprio dalle terre di nessuno da esse lasciate senza statuto scientifico possono talora provenire stimoli decisivi per riproporre in nuovo modo i problemi della comprensione dell'uomo da parte dell'uomo».

Una dichiarazione di stile e filosofia di cristallina chiarezza. 

Secondo uno dei più grandi critici letterari italiani, Cesare Cases, «de Martino è tra i massimi prosatori scientifici del nostro Novecento». In una delle sue lunghe interviste poi raccolte in volume, Moravia, che parlò al funerale dell'etnologo nel maggio del 1965, si soffermò sulla sua filosofia del viaggio e su come si potesse entrare davvero in contatto con altre civiltà: «La mia è etnologia vissuta. Forse per fare l'etnologo è più utile essere uno scrittore che uno scienziato in senso stretto. O tutte e due le cose insieme, come era Ernesto de Martino: la sua simpatia di pioniere per la cultura subalterna dell'Italia meridionale era un sentimento vivo, da scrittore, appunto». Da parte sua de Martino prese a prestito un'espressione moraviana, come la «malattia degli oggetti», per indicare la perdita di senso della realtà e utilizzarla nella sua indagine sulle crisi di smarrimento dell'uomo occidentale e sulla apocalissi della borghesia.

Elsa Morante rimase molto colpita dalle pagine demartiniane sull'elaborazione del lutto in Morte e pianto rituale. Tanto che in La Storia «le pagine sulla morte del ragazzetto si possono leggere sulla scorta dell'analisi demartiniana di quei sintomi della perdita della presenza con al centro il cadavere che torna come spettro» scrive Angela Borghesi.

Anche Pier Paolo Pasolini utilizzò il concetto di perdita della presenza. In una sua lettera del 1953 a Gianfranco D'Aronco lasciava intendere abbastanza chiaramente di frequentare l'etnologo con il quale si confrontava su questioni di ordine letterario. «Diverse fonti ricordano la partecipazione di Pasolini alle riunioni del Centro etnologico italiano, fondato da de Martino due anni prima, che proprio in questa fase intensifica le sue attività dando spazio allo studio della poesia popolare», nota Desogus. 

Tra de Martino e Rocco Scotellaro, scrittore, poeta e uomo politico lucano, c'era un legame di profonda amicizia con un intenso scambio di idee e materiali. Nel 1950 Scotellaro, accusato di concussione, truffa e associazione a delinquere dai suoi avversari politici, rimase in carcere per 45 giorni, durante i quali scrisse spesso al suo amico, arrivando a chiedere a lui informazioni sui capi di imputazione e accennando al pericolo di una congiura ai suoi danni per poi concludere, ironicamente: «I tuoi discorsi sul mio mondo magico hanno, si può dire, provocato come per giuoco, queste ielle».

Tante le affinità di De Martino e Carlo Levi autore di Cristo si è fermato a Eboli: pietà storica verso l'arcaico, lamento funebre per la crisi della civiltà occidentale, desiderio di rinascita e di riscoperta della civiltà. 

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