“A Nord delle mie costole”, le poesie di Denata Ndreca, albanese e italiana

L’autrice esplora la mancanza, la distanza e l’amore

Denata Ndreca
Denata Ndreca
di Alessandra Farro
Lunedì 29 Maggio 2023, 12:01 - Ultimo agg. 20:00
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Denata Ndreca, di origine albanese ma di adozione italiana, attribuisce alle parole un significato ben preciso: nessuna lettera accompagna un’altra per caso e ogni emozione viene descritta con cura magistrale.

Lo dimostra la sua ultima raccolta di poesie “A Nord delle mie costole”, edita da Bertoni, in cui l’autrice esplora la mancanza, la distanza e l’amore usando una scrittura leggera ma incisiva, delicata ma violenta, una carezza che lascia il segno. 

«Ci sono cose che possono sfuggire a uno straniero nella scrittura, anche amando molto l’italiano», spiega la poetessa, che invece, attraverso il suo libro esprimere una conoscenza completa della lingua nostrana.

 

Come nascono le poesie?
«Sono la prosecuzione di un lavoro iniziato nel 2017.

Questa raccolta ha una particolarità, è fatta di fratture. Nulla si rompe a caso, ma volevo capire fino a dove potessi spingermi con la lingua italiana. Volevo capire quale forma avrebbe preso la poesia, che non ha un obiettivo specifico che intende raggiungere, se non quello di attraversare gli occhi e il cuore del lettore, che è fatto di fratture e poche parole, proprio come me: quando scrivo non ho tempo da perdere».

Il file rouge che le lega?
«Quello che amo della vostra lingua è che porta verso l’amore: il verso viene inteso come una direzione, la poesia va verso un’unione, un amore, qualcosa di intimo che deve accadere. Il file rouge, quindi, è propri l’amore; poi ci sono le costole, come da titolo, una parola a me cara, in albanese c’è detto: “Raccogliere le ossa (quindi le costole) nella propria casa”, per me inteso come accogliere le ossa, le origini, da costa a costola. Vivo due identità, due mari, che si uniscono e si dividono costantemente. Oltre all’amore sentimentale, il legante dei miei scritti è anche l’amore per queste due terre».

Cos’è la mancanza per lei, come si esprime?
«Può avere mille traduzioni. Io ho fortemente ho voluto fare tesoro delle mancanze che ho avuto lungo il mio percorso. La mancanza è una forma di risorsa, non la vedo come una cosa persa. Lo stesso vale per la morte che per me è simbolo di una nuova vita. Probabilmente io in Italia percepire la morte come un nuovo inizio piuttosto che come una fine è consueto, io ci sono arrivata più tardi, perché provengo da un paese senza religione. In questa raccolta parlo della morte di mio padre, ma imparo a cercarlo in un fiore di montagna, nella bellezza della natura. Ho imparato che amare vuol dire lasciare andare».

Come vive la distanza dalla sua terra natia?
«Per me non è esiste distanza fisica, se non quella tra animo e animo che cerco di evitare. Non c’è distanza tra i chilometri, tra i mari o le miglia, nemmeno di forme di pensiero. Oggi siamo capaci di accogliere tutte le differenti forme di pensiero, il problema sopraggiunge quando rimane distanza tra occhi e occhi, tra cuore e cuore e quella è l’unica distanza che fa male: non essere accolto e non accogliere».

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