Ercole C., il giornalista che amava le donne

Ercole C., il giornalista che amava le donne
di Generoso Picone
Martedì 8 Giugno 2021, 12:35
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C'è un momento in cui Ercole, il protagonista di Penelope e le altre, incontra la sua coscienza nelle vesti di Isabella, la specialista di editing a cui ha affidato la prima lettura del suo romanzo. Allora si trova a fare i conti con la verità della sua vita. «L'Amore, Ercole, l'Amore dove sta? Giri intorno a pensieri sublimi, descrivi incantesimi, suggestioni, desideri, frustrazioni e incantesimi dei sensi Ma non c'è Amore. Non soffri. Non c'è il sangue. Non c'è mai un darsi pieno e cieco. Racconti la ferocia di un possesso e la sospensione nell'attesa del prossimo incontro Ma non ci sei dentro. Che tutta quella roba ci sia o no, si sente che per te è la stessa cosa. Che cosa ti manca veramente, Ercole? Che cosa ti fa stare male?», gli dice lei impietosa e si capisce come l'inappellabile giudizio non riguardi soltanto il testo di Dieci Comandamenti Note di viaggio nei sentimenti necessari titolo provvisorio e assai programmatico del libro che le è stato sottoposto in visione.

Un po' più avanti lui, passando accanto alla struggente architettura di Palazzo a Donn'Anna, avrà la rappresentazione plastica di ciò che in realtà egli è, come quell'antico palazzo «mai compiuto e con l'aria dell'abbandono, della rassegnata decadenza, testimone impassibile del fermento del Golfo»: quel giudizio e quell'immagine gli faranno tornare alla mente le parole del suo amico pescatore, un vecchio saggio che gli ricordava il padre: «Sembri fiamma, ma sei un fiammifero Bruci tutto e consumi tutto senza riguardi. Peccato per te, resterai solo!».

A questo passaggio del romanzo di Ercole C. di Savignano, lo pseudonimo che nasconde per quanto possibile la vera identità dell'autore di cui è il doppio, l'alter ego o magari la controparte, è consegnato il nodo assai aggrovigliato di una vicenda soltanto apparentemente lineare. C'è un uomo che ha superato i 60 anni, giornalista e scrittore di ricca carriera il quale è stato appena lasciato dal suo ultimo e più giovane amore, Arielle, la donna che gli aveva ridato energia dopo la sequenza di Adriana, Silvia, Beatrice, Laura, Chiara, Cristina, Giulietta, Angiolina Giovanna e tante altre ancora: quasi un catalogo dongiovannesco però attraversato dall'inquietudine dei versi di Aragon, «È tutta una messa in scena/ cambiare letto, cambiare corpo.../ a che serve se sono ancora io che tradisco me stesso, / io che mi trascino e mi disperdo».

L'addio è avvenuto a piazza Garibaldi, dove «l'ultimo bacio era stato alla patatina fritta con kebab. Disperato, straziante», e lungo il tragitto verso la fine di via Posillipo, il percorso tra le eterne due Napoli, ha il tempo svagato per riflettere sulla propria esistenza, per riportare alla mente episodi, storie, attimi di felicità e frangenti d'inganno in una sorta di anamnesi della condizione a cui è inchiodato. E tentare di fare i conti con se stesso.

Ha alle spalle esperienze avventurose e strabilianti come quelle di un signor Kéraban uscito dalle pagine di Verne che si è mosso dalla sua Napoli per trasferirsi a Milano, introdursi nel mondo dei giornali da via Solferino a via Chiatamone, intrecciando leggendarie gesta di redazione e l'epica dell'inviato dalla Via della Seta agli scenari di guerra in racconti che hanno la partecipazione di collaudati e familiari profili di colleghi e proti o di figure straordinarie come George Simenon, Attilio Micheluzzi, Mario Del Monaco, Oprah Winfrey. Fino al ritorno nella sua città: se questa appare l'Itaca a cui tendere, il luogo dell'armonia che comunque e nonostante tutto il padre e la madre avevano saputo costruire, le Penepoli sono sparse per il mondo, declinazioni multiple della bellezza raffinata e sensuale di Grace Kelly: la donna dei suoi sogni, l'archetipo femminile a cui provare a ricongiungersi, l'icona pura che pareva irraggiungibile prima di incarnarsi nei tratti di Arielle.

Poi, quando Ercole consegna le bozze del libro a Isabella, arriva lo svelamento e il romanzo si piega ai moduli della narrativa speculare, in un meccanismo che rimanda da pagina a pagina, alla maniera degli specchi rifrangenti la scomoda e ingombrante verità: l'autore che dietro lo pseudonimo scrive il romanzo di sé in cui il suo alter ego proprio raccontandosi giunge a maturare un sufficiente grado di consapevolezza. Penelope e le altre si propone, allora, come una narrazione di formazione che porta Enrico C. di Savignano a raggiungere l'equilibrio dell'intimità nell'emozione sono le parole che negli squarci di lucidità, nelle pieghe di una sorta di itinerante seduta analitica adopera che dalla spensierata giovinezza e dal disincanto dei giorni conduce a completare la costruzione della sua identità. Spogliandosi dei panni che ha rivestito nella recita della vita e lasciandosi l'estremo travestimento di uno pseudonimo.

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