Cardini: «Putin vuole i confini forti, ma Mosca resta Europa»

Franco Cardini
Franco Cardini
di Francesco Mannoni
Venerdì 3 Febbraio 2023, 08:54 - Ultimo agg. 09:12
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«Le categorie politiche e storiche del passato non avevano motivo per considerare un'unità continentale, quando si pensava ad un'unione si pensava all'unità del mondo cristiano. Il concetto d'Europa era solo geografico». Per lo storico Franco Cardini nel suo ultimo libro Le vie del sapere (Il Mulino, pagine 296, euro 16), primo tomo di una nuova collana ideata dell'editrice bolognese per «Ritrovare l'Europa», il Vecchio Continente cominciò a delinearsi dal sovrapporsi di conoscenze, addensamenti e scambi culturali tra Paesi, nutrendo il suo concetto di emancipazione dalle esperienze greche ed egizie.

Un racconto di marce di pellegrini, guerre e duelli mortali.
«Tra gli occidentali, l'impero immaginato era quello romano, ma l'impero romano in Occidente non c'era più», ricorda il professore: «C'era l'impero romano d'Oriente, una realtà che resse fino al 1453, poi sulla base delle rivendicazioni che il sultano di Istanbul e lo Zar fecero, l'impero romano arrivò fino al 1918: ma è l'impero orientale la vera realtà, a cavallo fra Europa e Asia».

Com'era l'Europa prima dell'unità?
«Anche se, storicamente, ogni tanto il nome Europa compare come elemento che distingue popolazioni e cultura, non circolava l'idea di unità.

Tuttavia, l'Europa del tempo ospitava degli abitanti che erano europei, e l'unità degli stessi era ritenuta cosa ovvia dappertutto, eccetto nei paesi occupati dall'Islam, che non ha cancellato la Chiesa latina, ma l'ha sottomessa. Gli europei hanno un loro referente naturale nelle radici, e il fondamento, con tutti i precedenti conosciuti, è sempre la cultura romana da un lato e la storia greca ed egiziana dall'altro. Sono i due elementi che costituiscono l'unità di facto degli europei e permette a tutti i cittadini, dalla Spagna fino all'attuale confine cecoslovacco, di considerarsi compatrioti perché la loro lingua religiosa è quella latina e il loro luogo di residenza questo continente particolare che a Nord, a Sud e a Ovest è bagnato dal mare, e ad Est ha una struttura confinaria più complessa che qualifica la divisione tra l'Europa e l'Asia».

Eppure L'Europa non è ancora riuscita a diventare una «patria comune» per le genti che l'abitano.
«Sarà patria comune solo quando si uniformerà il concetto di unità europea che nasce nel 400 quando, con la minaccia turca alle porte, umanisti come papa Pio II e altri ritennero che il connotato fondamentale che unisce tutti gli europei è il cristianesimo che in quel momento era o sembrava minacciato dai turchi, popolazione extraeuropea non cristiana. Nacque allora l'idea unitaria che verrà riaffermata tra 700 e 800 da un opuscolo (che però è una grande opera) del poeta Novalis: La Cristianità o Europa. Rifacendosi al mondo medievale, che è quello di un continente europeo civilizzato dai romani al quale il cristianesimo ha dato una forma religiosa e culturale definitiva, Novalis, quasi messianicamente, espone un'Europa soprattutto religiosa, che ha la sua unità nei limiti istituzionali del Sacro romano impero. Ma sin dalla fine del Medioevo e nel mondo moderno, si è cominciato a disconoscere progressivamente questa unità, e i vari re hanno rivendicato una loro realtà istituzionale che non dipende dai legami imperiali».

La Russia non è un paese latino, ma possiamo considerarlo europeo?
«La Russia è un paese europeo, ma ha anche una parte asiatica, come la Turchia. Della sua realtà geografica-culturale, una conoscenza profonda la Turchia l'ha conquistata con la rivoluzione dei Giovani turchi nel 1909 diventando europea, occidentale e addirittura laicista. Pertanto la Turchia dal 1909 è, senza dubbi, una realtà europea. E non ci sono dubbi nemmeno per quanto riguarda la Russia».

La guerra in Ucraina: una vittoria russa quali conseguenze potrebbe avere per l'Europa?
«Non la vuole nessuno e nessuno la sta auspicando la vittoria della Russia. La proclamano le menti patologicamente antirusse perché vogliono farci paura. La Russia vuole solo consolidare e assicurare fuori dai suoi confini una vita decente con un sistema articolato di indipendenze e libertà ai popoli russofili che l'attorniano. E vuole soprattutto riconquistare una parte di quel ruolo internazionale che gli è stato tolto negli anni '90 dopo la parentesi governativa di Eltsin».

Che cosa ha scatenato l'aggressione di Mosca?
«Gli americani hanno capito che bisognava indebolire al massimo la Russia ancora troppo forte, nonostante la batosta che aveva avuto con Eltsin. E la Russia è corsa ai ripari. Con la Cina ha fondato un gruppo destinato a diventare la controparte della Nato, che comprende India e Sud Africa, ma altri paesi si aggiungeranno, come l'Iran. Se i russi arriveranno a Kiev sarà la terza guerra mondiale. Putin però non vuole questo tipo di conflitto: il suo obiettivo ora è convincere gli americani a fare la pace».

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