Giampaolo Rugo, dal Nastro d'Argento al primo libro «Acari»

Giampaolo Rugo, dal Nastro d'Argento al primo libro «Acari»
di Alessandra Farro
Sabato 29 Maggio 2021, 17:21 - Ultimo agg. 19:12
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Giampaolo Rugo, sceneggiatore candidato ai Nastri d’Argento per la miglior sceneggiatura con ‘Governance - Il prezzo del potere’, ha pubblicato il suo primo libro, “Acari”, con la Neo Edizioni. Una raccolta di racconti, con un file rouge a legare tutte le storie, gli acari, appunto, da cui l’antologia prende il titolo. 

La donna più vecchia del mondo, cinica e disillusa; il calciatore mancato che vede la sua vita scorrere all’ombra di un rimpianto malinconico e insuperabile; il disabile che mostra al lettore la vita attraverso i suoi occhi, rendendolo cosciente dello stesso pietismo con cui si tende ad atteggiarsi in certe situazioni; la ex-più-bella-di-tutte che con passare del tempo ha perso la sua bellezza, su cui aveva basato la sua intera esistenza e che adesso, sfiorita, si ritrova a vendere porta a porta aspirapolveri anti-acari. Ed è proprio lei a tenere insieme tutti i personaggi, con i suoi acari, quegli esserini microscopici con cui gli esseri umano condividono gli spazi senza rendersene conto, finanche offrendogli in pasto i propri residui di pelle.

Perché gli acari?
«Acari ha un doppio significato.

Il primo, e il più banale, è che le storie girano intorno a una protagonista che di mestiere fa la venditrice di aspirapolveri contro gli acari porta a porta; il secondo è che mi piaceva perché gli acari sono gli animali nascosti che si nutrono degli scarti di pelle che si depositano sul materasso. È una bella metafora: di notte abbiamo questi animali che si cibano di noi e sono totalmente invisibili, stanno con noi e noi non sappiamo che ci sono».

Come sono nati i racconti?
«Sono nati nell’arco di un anno. Sono storie in parte ispirate ad avvenimenti autobiografici, in parte da stimoli di ogni tipo. Eduardo Erba dice che le storie spesso nascono da un’idea madre e da una femmina. Nel racconto ‘Roba’, quello in cui c’è il figlio che va con il padre al supermercato e insieme riempiono il carrello si qualsiasi cosa, l’idea femmina è stata l’incontro che ho fatto andando a vedere una partita allo stadio Olimpico, c’erano un padre e un figlio vicino a me, lui era uomo bellissimo, ma consumato dalla vita, parlava del compagno di squadra che difendeva meglio; l’idea madre, invece, è una cosa che ho letto in un intervista a Slavoj Zizek, psicanalista marxista sloveno: nei grandi magazzini tedeschi si trovano moltissimi carrelli pieni di spesa prima della cassa, perché le persone vogliono provare l’ebrezza dell’acquisto anche se non possono permetterselo».

Il libro è nato come un’antologia fin dall’inizio visto il filo conduttore che lega tutte le storie?
«In effetti, ho cominciato a scrivere dei racconti slegati tra loro, poi ho pensato, da lettore, che sarebbe stato bello se si legassero tra di loro. È una cosa che mi emoziona, quando le storie si incrociano. Per esempio, quando al cinema ti accorgi che il film racconta di una storia legata ad un’altra storia, mi affascina. Così, ho capito che mi piaceva l’idea di legare insieme i racconti a una storia più grande, che potesse emozionare il lettore di più di una normale raccolta di racconti. È quello che sarebbe piaciuto a me leggere».

Progetti futuri?
«Ne ho diversi, come sceneggiatore adesso ho raggiunto una visibilità maggiore, visto che la sceneggiatura che ho scritto è stata candidata ai Nastri d’Argento. Poi ho il cassetto pieno di progetti per il teatro ed il cinema. Spero di poter arrivare ad alcuni obiettivi, ma non mi sento di parlarne ancora. Sono un po’ scaramantico».

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