Alessandro Turati e «Quori cuadrati», una storia d'amore tra reale e surreale

Alessandro Turati e «Quori cuadrati», una storia d'amore tra reale e surreale
di Alessandra Farro
Giovedì 5 Novembre 2020, 13:21 - Ultimo agg. 14:23
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Il 22 ottobre è uscito il terzo libro di Alessandro Turati, “Quori cuadrati”, edito, come sempre, da Neo Edizioni. Il romanzo racconta di Uno Marković, di padre serbo e madre italiana, mentre vive uno dei momenti più alti e insieme più bassi dell’esistenza: una storia d’amore, che il lettore vive seguendo il filo logico che muove i sentimenti del protagonista. Il mondo, così, perde i suoi confini netti tra reale e surreale e regala una visione della vita in cui sono gli errori le vere star dell’esistenza, insieme al nonsense e agli altri bizzarri compagni di viaggio di Uno.

Com'è nato "Quori Cuadrati"?
“Non lo ricordo più, ma ricordo quando ho ritenuto fosse abbastanza valido per svilupparlo meglio, modificarlo e proporlo. Io scrivo qualcosa tutti i giorni perché è il mio gioco preferito fin da piccolo. Nel 2017 avevo una versione di “Quori cuadrati” che si chiamava “La vita mentale di Uno”, ma non ritenevo valesse la pena. Poi mi sono trasferito in Grecia per lavoro ed è successo che quella storia inventata è più o meno successa. Ho anticipato il mio futuro e ovviamente questo mi ha inquietato. Oppure, ragionandoci, potrebbe essere normale: l’immaginazione ha modificato i miei pensieri e i miei comportamenti – come accade dopo esperienze concrete – e mi ha predisposto e veicolato verso l’inevitabile. In qualche modo avevo sviluppato una nuova sensibilità in grado di attrarre qualcuno di quel genere. L’amore di cui parlo nel libro si è avverato con la stessa prepotenza fisica. E l’amore di cui parlo nel libro si è concluso con le stesse funeste conseguenze.

A quel punto, però, avevo gli strumenti per parlarne lealmente con la passione di chi ha vissuto e gioito e sofferto”.

Davvero ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale nel romanzo?
“Casualmente, secondo me, s’inciampa soltanto. Quella è una formula ormai condivisa per non subire ripercussioni. D’altro canto è anche vera: io parlo della mia percezione della realtà e, si sa, ciascuno elabora in maniera diversa. Detto questo, quasi tutto diventa fantastico poco dopo che è accaduto”.

L'idea della giraffa come nasce?
“Ho vissuto in centro Africa orientale e le giraffe mi hanno stupito più di leoni ed elefanti. Le guardavo e mi cadeva la mandibola di fronte a tanta grazia. Oltretutto io amo i pupazzi, i peluche. Ne ho parecchi e le giraffe sono estremamente simpatiche anche quando sono gli esseri umani a riprodurle”.

In generale, da cosa trai ispirazione per le tue storie?
“Non lo so. Da tutto. Leggere mi ispira molto. Viaggiare sposta il pensiero. Anche la noia, delle volte”.

Da quanto tempo scrivi?
“Ho iniziato a scrivere con costanza quando avevo nove o dieci anni. In quel periodo mia nonna viveva da noi perché aveva dei problemi di salute e le piaceva Beautiful. Io, a quell’ora, tornavo da scuola e pranzavo. Guardavo la puntata e poi scrivevo la mia versione della stessa. Cambiavo le vicende mantenendo personaggi e ambienti. Ricordo che c’era una ragazza in coma e ne avevo ipotizzato il risveglio e poi, settimane dopo, si era svegliata davvero! Così, tutti i giorni per un anno: cinque quaderni a righe uniti con graffette. Poi mia nonna è guarita ed è tornata a casa sua. Non ho mai più visto Beautiful ma ho continuato a scrivere”.

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