Il ritorno di Maurizio De Giovanni: «Con Mina tra delitti e commedia»

Il ritorno di Maurizio De Giovanni: «Con Mina tra delitti e commedia»
di Ida Palisi
Giovedì 29 Agosto 2019, 12:00 - Ultimo agg. 15:31
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La sedia a rotelle cigola sulle note di «I will survive» mentre Concetta, la mamma, gira per casa tutta truccata e le dà del «vecchio cesso» senza pietà. Lei la chiama il Problema Uno. Le tre amiche del cuore sono uscite da «Sex and the city» versione Posillipo, il collega Domenico «ma chiamami Mimmo» assomiglia a un Robert Redford sull'orlo dell'apparente idiozia, e il Problema Due è un davanzale di seni enormi che cerca di sottrarre ai dialoghi col portiere rattuso. Gelsomina detta Mina Settembre, quarantadue anni e un lavoro pagato saltuariamente al consultorio dei Quartieri Spagnoli, è il personaggio con cui Maurizio de Giovanni entra tra gli autori Sellerio, con due racconti - nel 2013 e nel 2015 - e ora con il primo romanzo Dodici rose a Settembre (pagine 264, euro 14), in uscita oggi in libreria. Lasciato il commissario Ricciardi al suo destino nell'ultimo libro e in attesa di uscire a novembre col nuovo sui Bastardi di Pizzofalcone, de Giovanni condensa qui il suo spirito napoletano, trasformandolo da «nero» a colorato e pop, come un affresco collettivo: la mamma megera, la vamp dei quartieri, il carabiniere tonto, il portiere impiccione, il medico belloccio, in un'ipertrofia dei caratteri che li rende irresistibili. L'omicidio pure c'è, ma conta fino a un certo punto.

De Giovanni è così che si stacca da Ricciardi, con un libro sul filo della battuta dall'inizio alla fine?
«Direi di sì. L'umorismo era il mood in cui volevo scrivere e che mi serve per scrollarmi un po' di dosso la malinconia della fine di Ricciardi. Per vicissitudini editoriali il libro esce dopo un anno che l'ho scritto ma è il momento giusto, ci tenevo a riconciliarmi con il sorriso nella scrittura».
 
Sembra quasi che non abbia fatto altro nella vita che lo scrittore umoristico.
«La mia scrittura naturale è questa, sorridente, tendenzialmente ironica, penso di averla messa già in campo in Il resto della settimana uscito per la Rizzoli nel 2015, e ora in questo romanzo. Perciò ci tengo moltissimo, lo trovo disegnato sulle mie corde più profonde. E poi da tempo pensavo di confrontarmi col tono della commedia perché, a parte Malvaldi e Robecchi, in Italia non è che lo facciano in tanti».

C'è molta Napoli: deciso a non staccarsene mai?
«Sì, volevo raccontarne la parte divertente. Napoli in certi posti ti cambia l'umore, l'atteggiamento nei confronti della vita. I Quartieri Spagnoli sono la periferia in centro, pieno di personaggi meravigliosi. Mi piaceva questo contatto forte tra la borghesia e il proletariato che in altre città non si sfiorano neanche e che qui invece sono sovrapposte».

Si trova molto bene soprattutto con i personaggi femminili: dopo Sara, ecco Mina.
«Non parlo di criminalità organizzata o di crimini finanziari ma di delitti passionali, quindi le donne sono imprescindibili, è impossibile parlare di situazioni derivanti dai sentimenti senza averle come protagoniste. E sono letteralmente innamorato di Mina».

Mina è una assistente sociale che rompe gli schemi e trova soluzioni fantasiose per i casi più gravi. A chi si ispira?
«È basata sull'assunto che non sempre la legge con la sua rigidità aiuta a fare realmente giustizia. Quindi se c'è da andare contro le procedure per abbreviare la strada e dare un segno di giustizia reale, affermare un diritto vero Mina lo fa, e siccome questo può succedere quando si tratta di questioni sociali spinose, ho utilizzato lei per raccontarlo».

Perché le mamme sono sempre terribili?
«Sì, mi escono atroci, non c'è niente da fare. Sarà una specie di contrappasso, per bilanciare la fortuna: la mia è dolcissima e meravigliosa e la amo teneramente, ci tengo a dirlo».

La paragonano a Eduardo per la capacità di mettere in scena la commedia umana ma lei a chi si sente più vicino?
«Lui guardava con occhio disincantato la realtà come era, però il libro non è tanto alla De Filippo ma alla napoletana: chiunque voglia scrivere di Napoli in maniera realistica, non simbolica, non sperimentale, questa è la gente che trova. Personaggi come Ammaturo Nunzia detta Jessica, basta farsi una passeggiata nella città per vederli. Il mio modello, però, è l'americano Donald Westlake, autore di diversi romanzi diventati poi film con Robert Redford. Non a caso Mina è una sua grande fan».

Che effetto le fa essere tra gli autori Sellerio, la casa editrice di Camilleri?
«Gli volevo molto bene, ha cambiato la narrativa italiana: oggi se si legge più di quella anglosassone lo si deve a lui. Perciò l'opportunità di essere nella sua stessa casa editrice mi piaceva molto. E poi credo sia la prima volta che Sellerio pubblica un personaggio napoletano. Sono orgoglioso di farlo io con Mina».

A proposito: il carabiniere Gargiulo ricorda molto da vicino l'agente Catarella della serie su Montalbano.
«Sì, penso che il mio Gargiulo sia un tributo a lui».

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