La guerra del Peloponneso rivive in "Pòlemos" di Gianfrancesco Turano

La guerra del Peloponneso rivive in "Pòlemos" di Gianfrancesco Turano
di Giovanni Chianelli
Venerdì 23 Settembre 2022, 18:34
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Un romanzo storico ambientato durante la guerra del Peleponneso. Si chiama “Pòlemos” (Giunti) e lo ha scritto Gianfrancesco Turano, viene presentato sabato 24 settembre alle 18 alla libreria The Spark di Napoli. La storia è raccontata puntando il fuoco della narrazione, di volta in volta, sul punto di vista o l’io narrante di uno dei tre personaggi principali: Mirrina, ateniese, o meglio abitante dell’Attica presa in schiava dagli spartani e in fuga verso la sua patria; Procle, diciottenne spartiate che ha appena finito l’agoghè, il lungo periodo di formazione militare che prevede un ultimo anno di sopravvivenza in solitaria, tra boschi e montagne; infine Milone, attore e drammaturgo in cerca di fama e di cittadinanza che viene dalle colonie italiane, giunto ad Atene per farsi finanziare un lavoro teatrale. È uno dei momenti più drammatici del conflitto tra Atene e Sparta: il loimòs, il morbo, ovvero la peste sta decimando la gloriosa città governata da Pericle e tutta la vicenda è immersa, tra guerra e pandemia, in un clima da fine mondo, di decadenza fisica, materiale e morale.

I protagonisti sono gli unici a lottare per un avvenire o per lo meno per dare un senso alle proprie esistenze nel tramonto di una fase che aveva portato nell’attuale capitale greca i massimi esponenti di filosofia, arte e scienza, tra architetture maestose e modelli di governo d’avanguardia: “Atene, faro dell’Ellade, sarà maestra dei greci liberati dai regimi dove non il merito personale ma la ricchezza della nascita decidono chi governa e rendono impossibile l’uguaglianza nella legge”. Ma questo tempo è già andato.

Accanto ai giovani Mirrina e Procle, all’inizio ostili – riflettono in qualche modo le proprie origini - ma poi vicini per darsi sostegno nel caos o peggio nella stasi, la fase di crisi che prepara ai nuovi assetti di potere, girano rappresentanti di umanità varia: due sorelle dal nome omerico, Briseide e Criseide, Learco, anziano oligarca ricco e corrotto, Xantia, manesco e gigantesco carrettiere, Cleide, la bellissima moglie di Learco.

Un’operazione, quella di Turano, nata probabilmente durante il primo lockdown quando sulle pagine online dell’Espresso, di cui è cronista di inchiesta e inviato speciale, e dal forum “Ragù di capra” che tiene da anni, pubblicò degli approfondimenti sulle varie epidemie della storia. La narrazione è condotta con stile ipnotico, confonde certi colori del linguaggio con i registri grecoantichi in una notevole prova di mimesi, di resa “à la” Omero, che recupera e fa brillare, in fondo, un proprio stile peculiare: lo stesso che i lettori hanno conosciuto in vari libri, da “Contrada Armacà” a “Salutiamo, amico”, l’affabulazione e il piacere di narrare, definitivamente magnogreci, che proprio quando stanno per apparire barocchi si rivelano invece in levare, nella scultura della frase e del periodo, nella definizione della sequenza e del modo migliore per raccontarla: “Procle mi ha tolto di mano il bastone e lo ha seguito come il lupo segue un cervo, che la muta ha già ferito, con zampe prudenti, i denti chiusi e le labbra retratte in modo che l’aria possa entrare nei polmoni senza rumore”.

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