Cosa succede quando un’idea collettiva interferisce col sentire privato? La protagonista di questa storia è davanti a un bivio del genere: italiana, è a Barcellona da alcuni anni e conduce una vita intensa, divisa tra lavoro e impegno politico, inserendosi in associazioni e collettivi che stanno contribuendo alla trasformazione della società catalana a metà degli anni 10: «La Catalogna è in ebollizione per la causa indipendentista. La richiesta di un referendum per l’indipendenza dallo Stato spagnolo anima un intenso fermento di piazza. L’occasione è storica, aree anarchiche, comuniste, femministe e queer contribuiscono al dibattito pubblico sulla formazione di una nuova repubblica» scrive Giusi Palomba, napoletana, all’inizio del suo volume d’esordio “La trama alternativa. Sogni e pratiche di giustizia trasformativa contro la violenza di genere” (Minimum fax).
Il suo affetto principale è Bernat, attivista e figura inserita negli ambienti militanti e intellettuali, così come in quelli istituzionali e nelle feste glam.
E per l’autrice è l’avvio di un conflitto personale che passa dal legame che ha con quello che ormai tutti considerano il carnefice. I sentimenti sono contrastanti: rabbia e voglia di non abbandonarlo, riflessione profonda, crisi e senso di impotenza si stagliano nel suo cuore quando il protocollo stabilito dalla comunità di appartenenza, e non dalla legge, inizia a fare il suo corso. Uno dei primi punti voluti dalla donna che ha subito lo stupro è interessante: che Bernat rinunci a parte delle sue prerogative sociali, ovvero agli incarichi nei centri di potere – ancorchè informato all’attivismo – che negli anni ha maturato. «Bernat deve rinunciare alle sue responsabilità per scendere da tutti i suoi piedistalli sociali. È chiamato a fare un passo indietro perché solo in quel modo potrà riflettere su se stesso e sugli effetti che quel potere accumulato negli anni ha avuto sulla sua concezione delle relazioni» sottolinea Palomba.
Un testo inedito, quello che l’autrice confeziona tra inchiesta e narrativa. Dove gli spazi per il dibattito interno, di nuovo diviso tra i poli dell’individuo e della comunità, si delineano in maniera drammatica, sorvegliati dalla sensazione che una questione singola non possa essere – forse non lo è mai stata ma adesso sempre più – una vicenda che coinvolge solo i suoi protagonisti ma che investe una responsabilità diffusa. Della società, del modello che tramanda, dei ruoli che stabilisce, mentre una decisione clamorosa può contribuire a istituire una dinamica davvero rivoluzionaria. Lo scarto laterale di un’idea nuova diventa palingenetico e può ispirare altre fattispecie: forse solo da qui «la richiesta di giustizia somiglia a un processo di guarigione collettiva».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout