«Le Austriache» di Antonella Orefice: Maria Carolina e Maria Antonietta a confronto

«Incrollabili, volitive, esuberanti, Antoine e Charlotte hanno lasciato tracce indelebili nei solchi della storia»

«Le Austriache» di Antonella Orefice: Maria Carolina e Maria Antonietta a confronto
di Giovanni Chianelli
Sabato 4 Febbraio 2023, 13:01
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Nella vicenda di due sorelle una pagina cruciale della storia, la stessa che dall’ancien regime porta all’Europa contemporanea. Un volume, “Le Austriache. Maria Antonietta e Maria Carolina, sorelle regine tra Parigi e Napoli” (Salerno editrice, pagine 206, euro 21), scritto dalla storica Antonella Orefice, illumina le vite di Maria Antonietta e Maria Carolina d’Asburgo Lorena, figlie di Maria Teresa d'Austria, destinate dalla madre a sposare rispettivamente il sovrano francese Luigi XVI e Ferdinando IV, re di Napoli.

Vicende note ma che è interessante osservare in parallelo.

Più grande di tre anni Maria Carolina, o Charlotte, come veniva affettuosamente chiamata nella nobile famiglia, già da piccola dimostra un’attitudine allo studio e alla riflessione che la caratterizzerà in seguito, distinguendola da Antoine, più distratta e fatua, quasi destinalmente indirizzata verso lo sfarzo della corte francese in decadenza. Diverse eppure molto legate, essendo le ultime nate della casata. La madre, scrive l’autrice, si mette contro la loro complicità: «Sarete del tutto separata da vostra sorella», scrive in una lettera Maria Teresa alla più grande. «Vi proibisco di avere accordi, segreti e discorsi con lei». Perentoria e visionaria come poteva essere una regina autorevole, la sovrana illuminata nella missiva già vedeva un futuro. Quello che avrebbe segnato al Sud Italia la grande e a Parigi la più giovane. 

Come è noto Charlotte non ama, prima ancora di conoscerlo, il nuovo regno, convinta come è che «i napoletani portino sfortuna». Eppure la storia dice che sarebbe stata più sfortunata Antoine. È il consorte a essere il primo grande problema: scrive alla madre della sua bruttezza e della volgarità, della scarsa cultura e dei modi impossibili di Ferdinando, rivelandole che la prima notte fu drammatica: «Confesso apertamente che preferirei morire piuttosto che rivivere un'altra volta tutto ciò che mi è capitato». Ma Maria Teresa la invita a sopportare e di comportarsi, annota la storica, come Giano bifronte: «Non fare paragoni tra le nostre abitudini e le loro [...] Sii una tedesca nel tuo cuore, e nella rettitudine della mente; in tutto ciò che non ha importanza, invece, ma non in quel che è male, devi sembrare napoletana».

Poi verrà il resto: le ansie per i figli che non vengono e poi verranno in abbondanza, ben 18, mentre dall’altra parte Antoine deve scontare l’impotenza del marito. Nel gioco delle affinità e divergenze una cosa le accomuna senza dubbi, l’ostilità che verso entrambe provano i nuovi sudditi: le bollano come “austriache”. E poi la grande storia le travolge. Nello scoramento provato da Charlotte alla notizia della morte della sorella sulla ghigliottina, la regina rovescia la visione degli ideali di progresso che aveva nutrito da giovane; la rivoluzione e i suoi “mostri”, come chiama i rivoltosi francesi, diventano il peggiore degli incubi.

Volume agile ma ben documentato, ha il pregio di uno stile praticamente letterario e riporta con frequenza le fonti dirette, soprattutto gli scambi epistolari, che fanno entrare il lettore e lo studioso nel vivo della materia. Con uno spunto, sottolineato senza farne una maniera: fu il periodo in cui anche l’Europa continentale e quella del Sud conobbero il protagonismo delle donne. Soprattutto di Maria Carolina che, si legge, «stava ricalcando l’immagine della madre che, seppur formalmente subordinata al consorte prima e al figlio poi, aveva de facto governato su tutti i territori della monarchia». E quando scrive della creazione di San Leucio la Orefice precisa che lo statuto della colonia fu «la prima raccolta di leggi pensata da una donna nell’interesse delle donne».

Il finale è molto bello e suggella, con pagine narrative, il romanzo di queste vite incrociate: «Incrollabili, volitive, esuberanti, per quel drammatico protagonismo di cui loro malgrado furono investite in un'epoca rivoluzionaria, Antoine e Charlotte, la doppia faccia del Giano bifronte, hanno lasciato tracce indelebili nei solchi della storia». E questo, dice, nonostante l'epiteto austriache avesse avuto la funzione di indebolirle e ridurle alla loro dimensione privata: “Nel loro cuore l'orgoglio tedesco non fu mai messo a tacere, come la stessa madre aveva consigliato”.

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