Le incredibili curiosità di Napoli, Marco Perillo a caccia di storie nella città delle iperboli

Le incredibili curiosità di Napoli, Marco Perillo a caccia di storie nella città delle iperboli
di Vittorio Del Tufo
Martedì 15 Dicembre 2020, 08:00 - Ultimo agg. 16 Dicembre, 17:51
3 Minuti di Lettura

Prima dello stadio di Fuorigrotta, a Diego Armando Maradona era già stata intitolata una strada della città. All'indomani del primo scudetto del Napoli, nel 1987, ai tifosi bastò qualche colpo di pennello e un po' di tinta rigorosamente azzurra per decretare la nascita - a furor di popolo, nel cuore di Chiaia - di vico Maradona. Il nuovo toponimo sostituì quello del povero Antonio Serra, grande economista e filosofo vissuto nel Seicento, il cui vico sorgeva lateralmente al nobilissimo palazzo Guevara di Bovino, una cui ala crollò il 4 marzo del 2013. Il vico Maradona ha resistito per oltre trent'anni: la targa intitolata al Pibe è stata rimossa solo dopo il completamento dei lavori di ristrutturazione dell'edificio e delle viuzze limitrofe: nessuno, fino a quel momento, si era sognato di profanarla.

Quella di vico Maradona è solo una delle tantissime storie - piccole e grandi - ricostruite da Marco Perillo, giornalista del Mattino, nel suo ultimo libro Le incredibili curiosità di Napoli (Newton Compton, pagine 348, euro 12). Marco sa bene che per cimentarsi nel racconto di Napoli, stando alla larga dagli stereotipi eternamente in agguato, occorre uno sguardo sempre mobile, in grado di scavare sotto la superficie, di superare la barriera del folklore e restituire alla città la straordinaria complessità che le appartiene. Così il suo sguardo attraversa venti secoli di storia riportando alla luce aneddoti singolarissimi, dai diavoli nascosti sulle facciate dei palazzi alle scale dei film di Massimo Troisi, dai romanzi cavallereschi all'ombra del Vesuvio ai misteri che si annidano nelle carte da gioco, dalle tragiche feste della cuccagna nel Settecento alla battaglia con i demoni di re Alfonso d'Aragona, dalle «corse lampadiche» in onore della Sirena, genius loci della città, alla storia delle ultime acquaiole, Nennella e Carmela. È un viaggio che provoca, alla fine, un delizioso senso di stordimento, rafforzando in chi legge la convinzione che Napoli, grazie ai suoi accumuli, alle sue stratificazioni, ai suoi depositi di storia, arte e cultura, continui a nascondere più di quanto non mostri, a occultare più di quanto non riveli.

Come una tela di Penelope la città si disfa e si rinnova ogni giorno. È una città di iperboli, anche; tutto quello che vi accade, accade «più» che altrove.

Altrimenti non sarebbe una delle città più raccontate e cantate del mondo. I napoletani «inventano continuamente Napoli, spesso raccontandosi con qualche enfasi», scriveva Giuseppe Marotta in L'oro di Napoli. Deve dipendere dal sentimento di identità collettiva o, se preferite, dal senso di appartenenza che ci fa sentire parte di un tutto. Per difendere questo sentimento di appartenenza non dobbiamo smettere di coltivare la nostra memoria, e difenderla come il più prezioso dei beni. Anche andando a caccia di storie del passato. Come fa Marco Perillo: cosa che, tra l'altro, gli riesce benissimo. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA