Marcello Simoni, il gran ritorno del mercante di libri ai tempi del Covid: «La lettura può aiutare l’umanità»

Marcello Simoni, il gran ritorno del mercante di libri ai tempi del Covid: «La lettura può aiutare l’umanità»
di Marco Perillo
Mercoledì 8 Luglio 2020, 17:25 - Ultimo agg. 17:29
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Arriva in libreria l’atteso seguito della Trilogia del mercante di libri, la saga che ha consacrato Marcello Simoni come autore di culto di thriller storici. Il segreto del mercante di libri (Newton Compton Editori) è un romanzo che rivede come protagonista il mercante Ignazio da Toledo in una delle sue più rischiose avventure. Vincitore del 60° Premio Bancarella, Simoni è tre i romanzieri d’avventura più amati d’Italia, un autore da oltre un milione e mezzo di copie solo in Italia, tradotto in 20 Paesi.

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“Il segreto del mercante di libri” segna il ritorno di Ignazio da Toledo. Simoni, cosa spinge un autore a riproporre  un personaggio che ha avuto così tanta fortuna?
Una parte della risposta è già contenuta nella domanda. Ignazio da Toledo è il mio cavallo da battaglia, il mio Dirk Pitt, il mio Alex Cross. Fin dal primo romanzo ho condiviso una grande affinità con lui: è un amante di libri, un uomo curioso, uno spirito libero, un avventuriero. Ogni volta che mi ritrovo nei suoi panni mi sento uno di quei cacciatori di tesori descritti dalle leggende arabe già durante il Medioevo e filtrate, in qualche modo, nelle favole di Mille e una notte. Tornare a scrivere di lui, tuttavia, è stato anche un gesto dettato dall’amore. La verità è che, proprio come i miei lettori, avevo nostalgia di Ignazio da Toledo, delle sue storie, del suo scavare nei misteri del XIII secolo. Dopo sette anni di lontananza, non ho più potuto resistere al suo richiamo.

Una decina d’anni fa si sarebbe aspettato il successo de “Il mercante di libri maledetti”, al suo esordio? E come mai secondo lei i thriller storici oggi piacciono così tanto?
Il successo mi ha colto così impreparato che mi lascia ancora incredulo. Quando ho iniziato a scrivere narrativa è stato semplicemente per assecondare la mia indole creativa (cosa che continuo a fare ogni giorno, esclusi i momenti in cui, per riordinare i pensieri, mi dedico al disegno e alla pittura). A parte l’ambizione di buttare giù una buona storia, divertente e appassionante, non pensavo ai possibili sbocchi editoriali e men che meno alla possibilità di vendere centinaia di migliaia di copie. Volevo solo scrivere, riversare la mia fantasia nelle pagine bianche. Impulso che, con grande amarezza, colgo di rado negli scrittori esordienti. Tutti oggi scrivono solo per diventare autori bestseller, per fare soldi, infischiandosene del fatto che prima di tutti ci vogliono passione, costanza e originalità. E che non basta frequentare un corso di scrittura creativa per imparare a scrivere.

Qual è il segreto della sua scrittura? Come si riesce a mescolare perfettamente conoscenza storica e azione?
Cosa risponderebbe uno chef stellato se gli venisse chiesto di rivelare i segreti delle sue ricette? “Vieni a mangiare nel mio ristorante e cerca di scoprirlo da solo”. Se non si offende, pertanto, mi limiterei a estendere lo stesso invito: leggetemi e capirete.

Ignazio da Toledo dopo aver trascorso due anni alla corte di Federico II in Sicilia torna a casa sua, in Castiglia e Léon. Spesso nei suoi romanzi ci sono luoghi d’Europa in cui il Medioevo è pregnante, dalla Francia alla Catalogna per esempio. Sono luoghi che lei ha avuto modo di visitare oppure li immagina soltanto dopo averli lungamente studiati?
Li immagino, proprio come faceva Emilio Salgari con le terre di Malesia. Anche perché, se dovessi visitare la Spagna, la Francia o il nord Africa, troverei molto poco delle loro epoche passate. Serve una forte capacità d’immedesimazione, guidata dalla ricerca storica, per costruire il set di un medieval thriller in cui non si dà peso soltanto agli scenari urbanistico-architettonici e al modo di vestire, ma anche al modo di pensare e all’immaginario del passato. Mi riferisco a una forma mentis a volte difficile da ricostruire, e ancor più da rendere intelligibile ai lettori contemporanei.

Come cambierà secondo lei il mondo dell’editoria post Coronavirus? Risentirà della crisi?
Bisognerebbe prima capire come sia cambiato il mondo dei lettori post pandemia. E questo perché, a giudicare dalle impressioni raccolte in questi mesi, pare che l’approccio alla lettura sia cambiato. È come se noi tutti avessimo subito uno shock post traumatico che, in qualche modo, ha inibito la voglia di leggere. Molti amanti di libri – soprattutto i cosiddetti “lettori forti” – hanno infatti confessato d’aver letto meno del solito durante i momenti della quarantena nonostante il maggior tempo a loro disposizione. E questo perché la lettura, essendo un intrattenimento “attivo”, abbisogna di una condizione psicologica libera dall’angoscia e dalla paura. Una condizione alla quale, spero, stiamo lentamente tornando. Anche grazie all’editoria, che dopo aver attraversato un periodo nero sta rialzando la testa per lanciare segnali di ottimismo attraverso la pubblicazione di titoli di grande interesse. Titoli che per buona parte si sono ritrovati “sballottati” in avanti rispetto alle uscite programmate sul calendario, come natanti gettati nell’entroterra da uno tsunami.

La letteratura può aiutare l’umanità in momenti di difficoltà come quelli di una pandemia? Se sì in che modo?
La lettura può aiutare l’umanità sempre. Eppure ci sono sempre meno persone in grado di capirlo, la qual cosa ci induce a sospettare che una caratteristica fondamentale dell’umanità stessa, l’intelligenza, stia lentamente venendo meno. E questo sì, sarebbe un bel problema. Leggere significa tenere lo sguardo puntato su una finestra affacciata su altre vite, su altre esperienze, su altri mondi. Significa regalare un nuovo respiro alle idee e alle emozioni. Significa tendere un filo che ci collega al pensiero dei nostri simili, agendo da molla al nostro immaginario e al nostro senso di altruismo e di affinità col prossimo. Un lettore, per farla breve, sarà sempre una persona migliore di un non-lettore.

Rivedremo ancora Ignazio da Toledo o questo è una sorta di capitolo conclusivo?
Sarò breve e molto chiaro: Ignazio da Toledo è tornato per restare.

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