Masaniello, il diario della rivolta tradita

Il racconto di Capecelatro sui giorni del 1647

Masaniello, il diario della rivolta tradita
di Ugo Cundari
Sabato 31 Dicembre 2022, 11:05
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Maso Anello, meglio noto come Masaniello, spesso non aveva i mezzi per procurarsi il pesce e «si riduceva a vendere in piazza per pochissime monete cartocci di carta straccia per poterveli mettere dentro». Quando aveva qualche spigola fresca, capitava che i nobili gliela prendessero e lo bastonassero. Un giorno scoppiò una rissa tra venditori di frutta di Pozzuoli e bottegai per chi dovesse pagare le nuove gabelle. Le due fazioni si tirarono contro arance, mele, fichi, uva. Per sedare gli animi furono inviati principi e baroni. Bastonati, si rifugiarono in chiesa. Allora una «turba di fanciulli armati di bastoni e spranghe, capeggiata da Maso Anello, mosse verso Palazzo reale». Il viceré provò a fuggire.

Intercettato nel cortile, Masaniello gli «tirò una stoccata con la spada nuda» e per poco non l'uccise.

Inizia con questi particolari inediti se non poco noti il resoconto dettagliato della rivolta napoletana del 1647 redatto da un cronista dell'epoca, stampato per la prima e unica volta nel 1850 e solo oggi tornato disponibile in una edizione critica ricca di note e agile perché sfrondata delle parti sui vari decreti reali di allora. Il Compendio al diario dei tumulti del popolo napolitano contro i ministri del re e la nobiltà di essa città, sottotitolo del più moderno titolo La rivolta di Masaniello è uscito per Guida (pagine 512, euro 25) a cura della storica Luciana De Luca Comas, proprio mentre Sal Da Vinci mette in scena al teatro Augusteo l'ipotesi di un Maso Anello.

L'autore del diario è Francesco Capecelatro, un nobile caduto in disgrazia che seguì la rivolta con molta attenzione fin dall'inizio, come se volesse prenderne parte per vendicarsi dei privilegi perduti. È vero che poi l'aristocrazia tentò di comprarne i favori con diverse promesse, ma il suo diario rimane una cronaca cruda ed equilibrata giorno per giorno, a volte ora per ora, dei fatti. Quando i rivoltosi si diressero nei palazzi dei nobili rei di aver istituito le nuove tasse, «gettarono dalla finestra tutto quel che dentro vi era, non risparmiando né cortine di seta e di oro, né arazzi, né vasellame d'argento, né quadri di nobilissima pittura, né denari contanti, sino ai cavalli ed altri animali che facevano entrare vivi nel fuoco e fatto di tutto un monte lo riducevano in cenere».

Capecelatro, rispetto ad altri cronisti che dipingono Masaniello come uno sprovveduto, ne sottolinea le doti politiche e l'arte comunicativa: «Parlava nel suo idioma Napolitano, ma spiegava bene sermoneggiando quel che aveva intento di dire». Riuscì a recuperare per il suo esercito, che «arrivò al numero di 140mila popolari», sei cannoni e migliaia di moschetti. Fece costruire barricate e trincee «per le strade principali e i capi dei vicoli, custodendoli armati». Più si andava avanti nella rivolta più «erano decollati i nobili, con le teste date in pasto ai cani. Alcuni capi recisi furono esposti, insieme ai piedi troncati, nelle gaiole sulla porta san Gennaro».

Sappiamo come andò a finire, con Masaniello prima corrotto dal potere, poi tradito e giustiziato. Secondo il racconto di Capecelatro, il giorno dopo la sepoltura di Masaniello, una banda di ragazzini ne diseppellì il corpo, lo lavò e vi unì la testa che era stata «appesa ai ganci fuori la chiesa del Carmelo».
Avvolto in un lenzuolo bianco, il cadavere fu esposto davanti all'altare maggiore. «Donnicciole gli strappavano i capelli per conservarli, come se fosse un Santo. E giunse a tal termine la sfacciataggine e l'idolatria del volgo impazzito che osarono dire che aveva aperto gli occhi, che sudava, anzi, che movendo le mani aveva preso una corona e se la teneva stretta, ed altri, passando oltre, che era resuscitato, parlando con tanta passione che chiunque avesse osato contraddirli era a rischio d'essere ucciso». Poi i lazzari presero in spalla il feretro e lo fecero sfilare con tutti gli onori attraverso la città per sette ore, prima di seppellirlo per la seconda volta.

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