Addio a Clara Sereni, una vita tra scrittura e impegno

Addio a Clara Sereni, una vita tra scrittura e impegno
di Generoso Picone
Venerdì 27 Luglio 2018, 09:50
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Clara Sereni confessava di essere coinvolta in un destino ineludibile. «La morte noi ebrei siamo abituati a contrastarla scrivendo storie. La parola scritta per noi è la persistenza dell'esistere», diceva e a ripensare ora che se ne è andata a 72 anni a quello che spiegava nel residence per anziani rigettava con stizza la definizione di ospizio o casa di riposo dell'Umbria dove aveva deciso di vivere il periodo che sarebbe stato il suo ultimo, si può ben comprendere come abbia intessuto l'intero suo percorso in una trama narrativa di rara autenticità, scandito da una sequenza di titoli dietro i quali diventa possibile intercettare il dato autobiografico e insieme lo scenario della Storia dove va a collocarsi. Si tratta quasi di un itinerario che dalla complessità anche variegata e confusa di un mondo l'esordio del 1974 con Sigma epsilon segnato dalle frenesie di una generazione alla vigilia del '68 - conduce all'essenzialità leggera e libera da zavorre delle due stanze che fanno da cornice a «Una storia chiusa» del 2012. Un lavorìo sulla pagina che diventa il referto di una consapevolezza acquisita con lucidità presaga, da ragazza del giorno prima - come amava definirsi sempre un po' troppo vecchia di fronte agli accadimenti.

In mezzo e oltre l'ultimo suo romanzo è Via Ripetta 155 con cui concorse al Premio Strega del 2015 c'è un'attività letteraria intensa intrecciata da un impegno politico che ha solide radici familiari e che il tempo avrebbe declinato nelle forme di una sofferenza materna. Clara Sereni era la figlia di Emilio Sereni, partigiano e autorevole dirigente del Pci togliattiano, due volte ministro nei governi di Alcide De Gasperi, scrittore e grande esperto di politiche agricole, fratello di Enzo Sereni uno dei fondatori dello Stato d'Israele. La madre era Xenia Silberberg, la Marina Sereni de I giorni della nostra vita, saga familiari pubblicata da Clara nel 1993.
 
Dopo aver raccontato in Sigma epsilon le ansie e le angosce di cambiamento che sarebbero tornate in Via Ripetta 155 quasi a voler chiudere un cerchio, Clara Sereni trova la sua misura con Casalinghitudine dove ogni pietanza rimanda a un ricordo intimo. La definizione del microcosmo domestico comincia a venarsi di inquietudine, dolore ma pure gioia, con i racconti di Manicomio primavera del 1989: c'è una ferita personale che alimenta i testi, la malattia del figlio Matteo, avuto dal marito, lo sceneggiatore Stefano Rulli da cui si sarebbe separata, il disagio psichico che diventa protagonista del film documentario da lui girato «Un silenzio particolare».

Quando Clara Sereni è chiamata a ricoprire l'incarico di vicesindaco con delega ai servizi sociali a Perugia, dal 1995 al 1997, la sua priorità sarà di garantire la più civile e dignitosa assistenza ai tanti Matteo che si incontrano. «Quelli del disagio sono amori speciali, che hanno bisogno di aiuto. Se non sostenuti diventano trappole», spiegherà. Si accorge che la Politica dà però risposte insufficienti, in tutt'altre faccende affaccendata cadrà nell'autoreferenzialità e allora in Passami il sale del 2002 denuncerà nei modi della narrazione questa deriva, dalla quale anche e forse soprattutto la sua sinistra non è aliena.

Lei, dal 1998, riuscirà a organizzare a Perugia la Fondazione «Città del Sole», che oggi si prende cura del suo Matteo. Mi riguarda e Si può sono i volumi collettanei di brani da lei promossi che espongono il manifesto di una Politica con il sale della vita. «Ognuno ha il suo frammento di dolore e nessuno lo elabora», ripeteva Clara Sereni osservando dai personaggi di Una storia chiusa l'Italia invecchiata, incattivita e incapace di una memoria condivisa dalla quale aveva scelto di prendere le distanze.
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