Napoli, che farmacia tra mummie e spezie

Il saggio di Attanasio e Lavecchia

Napoli, che farmacia tra mummie e spezie
di Ugo Cundari
Mercoledì 28 Dicembre 2022, 09:48
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Il primo e più importante esperto napoletano di medicina curativa è stato Giambattista Della Porta che nel 500 brevettò un analgesico miracoloso per curare il dolore di denti, venduto come «Aqua Della Porta», e scrisse Phytognomonica in cui, con illustrazioni di specie botaniche e organi umani, dimostrava non esserci «nulla che gli uomini dotti apprezzino maggiormente di una magia naturale basata su simpatie e antipatie, segnature, attrazioni magnetiche, virtù di pietre ed erbe, arti meccaniche e illusioni ottiche». Negli stessi anni operava a Napoli Ferrante Imparato, autore di una importante Storia naturale e collezionista nel corso di tutta una vita di spezie e impiastri medicamentosi che raccolse in centinaia di esemplari in una camera delle meraviglie tra le più frequentate dagli scienziati europei.

All'epoca il farmaco più richiesto era la rielaborazione di un rimedio capace di combattere ogni male, la Theriaca, e i più esperti specialisti nel preparalo erano napoletani.

Ancora oggi nella spezieria degli Incurabili, dove aveva sede un grosso laboratorio con decine di addetti, si conserva un grande vaso di marmo utilizzato per conservare il farmaco, che si diffuse anche per contrastare la compravendita di pezzi di mummie, utilizzati come medicamenti, con il mercato di Napoli tra i più fiorenti perché la merce in questione non era tassata. La preparazione della Theriaca fu raccontata passaggio per passaggio in un trattato, scritto dal naturalista e botanico napoletano Bartolomeo Maranta, che nel 1572 diventò in pochi mesi bestseller europeo. «Alle lunghe pagine di descrizione di ogni componente, e delle qualità che doveva avere, l'autore aggiunse le minuziose descrizioni delle procedure di preparazione affermando che se il rimedio non avesse avuto l'efficacia voluta essa dipendeva solo da un errore del preparatore o del medico» notano in Da speziali a farmacisti (Guida, pagine 352, euro 28) gli autori Antonio Lavecchia, ordinario di Chimica farmaceutica, e Sergio Attanasio, docente di Storia dell'architettura e della città, entrambi alla Federico II.

Il saggio è un'opera poderosa sulla storia dell'arte farmaceutica dalla preistoria, con le ultime scoperte sulle cure applicate alla mummia di Similaun, fino al secolo scorso, con una lunga parte dedicata a Napoli, per secoli capitale dei ritrovati medici più all'avanguardia. Nel 500 nel regno furono promulgate le più innovative leggi per regolamentare le attività delle spezierie, inizialmente concentrate tutte lungo la loggia di Genova. Dopo un secolo, la diffusione aumentò in maniera esponenziale, se ne contavano più di un centinaio distribuite tra Chiaia, Toledo, Quartieri Spagnoli, porto, via Marina. I nomi erano dei più vari, i più facevano riferimento a un animale esotico spesso esposto imbalsamato in bottega, come la farmacia dell'Ibis in via Roma, del Coccodrillo in via Medina, del Leone d'oro in via Foria.

Se alcuni speziali napoletani furono accusati di truffa perché contrabbandavano prodotti dalle dubbie proprietà curative, qualcuno fece fortuna. Onorato Battista ai primi del 900 brevettò l'ischirogeno, un ricostituente che presto conobbe fama mondiale «tanto da renderlo ricchissimo e permettergli di acquistare palazzi interi e ville tra il corso Umberto e la costiera» dice Attanasio, che si sofferma anche sugli arredi delle farmacie, il cui design particolarmente ricercato si sviluppò a partire da Napoli.
 

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