L'ultimo Caravaggio, un diario tra antiche e nuove emozioni

L'ultimo Caravaggio, un diario tra antiche e nuove emozioni
di Riccardo Lattuada
Giovedì 23 Novembre 2017, 10:30 - Ultimo agg. 22:43
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Una prima domanda è: qual è l'obiettivo del nuovo libro di Francesco de Core e Sergio Siano? Con gli occhi di Caravaggio. Napoli, 1606-1610, aggiunge un nuovo tassello alla lunga serie di ricostruzioni storico-letterarie in cui un autore entra nel corpo e nei pensieri di un personaggio del passato e cerca di riattivarne le sensazioni. Vengono in mente, ad esempio, Memorie di Adriano e il meno discusso ma forse ancor più calzante Colpo di grazia di Marguerite Yourcenar; torna in mente L'uomo sentimentale di Javier Marias: monologhi in cui nel dare voce al protagonista l'autore parla molto di se stesso, sviluppa il racconto di un personaggio usando una lingua che non può essere se non la sua; incentra il discorso su fatti storicamente noti in una rievocazione mentale, e da un punto di vista che trova la sua forza nella sua inevitabile parzialità. È un po' come sviluppare in chiave semi-privata il genere delle Res gestae Divi Augusti.
 

 


Ovviamente, per funzionare questo impianto prevede un alto tasso di informazione sui fatti, sulle persone, in poche parole sulla storia. Per il mestiere che fa, Francesco de Core, caporedattore del «Mattino», conosce il valore delle informazioni corrette e le usa con chiara consequenzialità. L'argomento del libro sono i due soggiorni di Caravaggio a Napoli (1606-1607 e 1609-1610), nei quali in fin dei conti l'inquieto maestro lombardo fu posto a contatto con un ambiente più aperto e disponibile verso la sua poetica. Questa accoglienza, di certo favorita dall'entusiasmo dei circoli aristocratici più aperti della città, fu in definitiva diversa da quella di Roma, in cui il caso di Caravaggio era esploso con tutta la sua forza diremmo oggi divisiva: da un lato i conservatori ancora legati all'arte senza tempo propugnata dal clero divenuto più intransigente dopo il Concilio di Trento (1563); dall'altro coloro che, partendo da un'idea moderna, emozionale e soggettiva del racconto devoto, amarono incondizionatamente le immagini di Caravaggio.
 

Il tema dell'asocialità e dell'inquietudine esistenziale del pittore attraversa tutta la letteratura, scientifica e non, accumulatasi in modi sempre più vertiginosi nell'ultimo mezzo secolo. De Core va dritto al punto, e nella narrazione pseudo-autobiografica di Caravaggio parla soprattutto di due cose: Napoli e i dipinti dei suoi due periodi napoletani. Ripercorrere le opere napoletane del pittore assume un valore didascalico, ma il dialogo con le immagini di Sergio Siano allarga di molto la prospettiva, allontanandosi di parecchio da quello che si potrebbe chiamare «lo specifico caravaggesco». A Siano interessano i tratti perenni di Napoli come li può cogliere l'occhio di un fotografo; la città conserva un'identità antropica prima ancora che culturale dai caratteri così forti che nemmeno l'omologazione contemporanea riesce davvero a cancellarli. Siano riesce a scendere sotto lo strato superficiale della quotidianità attuale di Napoli e ne fissa i volti, le pietre, i ritagli di cielo racchiusi dai monumenti e dai cornicioni dei palazzi; i toni delle sue immagini sono saturati dai rossi e dal bronzo dei tramonti, e enfatizzano i colori postmoderni della plastica a contrasto con quelli delle materie primarie: il piperno, il tufo, i muri scrostati, la vegetazione. Siano non preferisce l'idillio, e più che Caravaggio i suoi ritratti evocano Goya: in fondo le stesse «Sette Opere di Misericordia» mostrano una mediazione rispetto al vero, una classicità nelle pose e nelle fisionomie poco valutata dalle letture iper-realistiche che dominano la visione attuale su Caravaggio.

E così, ancora una volta, da questo libro in cui le immagini contano così tanto Napoli emerge nel suo volto più drammatico, quello che cioè più continua a colpire anche la percezione contemporanea. È davvero questa la sola chiave di lettura possibile? Difficile dirlo; certo deve avere un senso per premere così tanto sulla sensibilità di uno scrittore e di un fotografo della Napoli di oggi.
 

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