Paolo Giordano: «Lo scrittore oggi deve recuperare le storie della gente»

Lo scrittore Paolo Giordano
Lo scrittore Paolo Giordano
di Francesco Musolino
Venerdì 9 Ottobre 2020, 14:48 - Ultimo agg. 15:13
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«Abbiamo vissuto anni con scorpacciate di festival ma oggi gli incontri sono conquiste e ad Umbria Libri soddisferò il bisogno reale di incontrare le persone, ricreando un dialogo». Lo scrittore torinese Paolo Giordano, classe 1982, è uno degli ospiti di punta della rassegna Umbria Libri, giunta alla sua ventiseiesima edizione e promossa dalla Regione Umbria, che si svolgerà a Perugia da oggi sino a domenica 11 - nel Complesso Monumentale di San Pietro – e successivamente a Terni, dal 23 al 25 ottobre.

Oltre 50 incontri - tutti gratuiti – e più di 100 ospiti, dal vivo e in streaming, per un appuntamento che sin dal suo titolo scelto – Prossimo contatto – rilancia l’importanza di ritrovarsi, ricreando una comunità attorno ai libri.

Oggi, alle 11, Michela Marzano apre la rassegna con una riflessione sul tema del prossimo contatto e a seguire, spazio a Emanuele Trevi, Fabio Isman e alle ore 18, ecco Remo Rapino – il vincitore del Premio Campiello – per una prima giornata che si concluderà con il reading di Lella Costa, tratto da Il pranzo di Babette di Karen Blixen.

Domani, sabato 10, la proclamazione della terza edizione del Premio Opera Prima “Severino Cesari” e ancora, spazio gli incontri con Milena Agus, Paola Soriga e Daniele Mencarelli.

La giornata conclusiva, domenica 11, verrà aperta alle 10.30 dal Premio Strega, Paolo Giordano, partendo dal pamphlet Nel contagio (Einaudi), seguito dagli incontri con Francesco Recami, Cristina Comencini, Simone Tempia e infine, la presentazione della graphic novel dei Fast Animals and Slow Kids.

«Dobbiamo cercare una nuova narrazione – prosegue Paolo Giordano, co-autore della serie di Luca Guadagnino, We Are Who We Are, in onda su Sky Atlantic – che colga la complessità, evitando di cercare sempre facili capri espiatori. Prima abbiamo puntato il dito contro i runner, ora tocca ai ragazzi cui sono state attribuite delle irresponsabilità ma credo sia una prospettiva errata, sono le norme a essere appropriate o meno. Questa estate le discoteche, vista la situazione generale, andavano evitate a prescindere ma la gestione è stata inadeguata più che altro sugli spostamenti da e verso l'estero. In questi ambiti si doveva agire diversamente».

E Paolo Giordano prosegue ampliando il discorso: «non critico la gestione emergenziale ma oggi abbiamo davvero bisogno di una visione politica che possa ispirarci.

Il paese è giunto ad un crocevia e si sente la mancanza di una guida politica. Non è una questione partitica – chiarisce l’autore torinese - ma un tema generale ovvero, come siamo entrati in questa crisi? Credo che la logica del consenso aveva, da tempo, compromesso una visione futura».

Il tema è centrale ed è il momento di occuparci anche del “posto” che spetta agli scrittori in questa crisi. Giordano ha partecipato al “The Decameron Project” pubblicando un racconto sul New York Times – accanto Margaret Atwood e Colm Toibin – e in questa intervista afferma: «ogni scrittore ha un proprio approccio e un tempo di sedimentazione personale, un tempo necessario per elaborare una visione che possa ispirare i suoi lettori. Ciascuno di noi, credo, lo sta facendo. Ma oggi, i narratori, hanno la responsabilità di dover sostituire i numeri delle statistiche con la cura delle parole, recuperando le storie, la sofferenza delle persone, sanando una situazione dolorosa».

E quale posto rivestono gli scrittori nel dibattito culturale? Li si può investire di una precisa responsabilità? «Questa è una domanda difficile – afferma Giordano – dovremmo ambire a non essere solo elementi decorativi nei salotti tv o nelle pagine dei quotidiani, dovendo spaziare su qualsiasi tema pur di esserci. Ma si tratta di un cambiamento di prospettiva importante, un passaggio che investe tanto gli autori quanto la macchina mediatica. Chiediamoci piuttosto, cosa dobbiamo pretendere dalla voce di uno scrittore?». Una suggestione importante che Giordano conclude così: «uno scrittore oggi può guadagnarsi uno spazio per rimettere al centro del discorso le parole, scegliendo quelle chiare, le parole curate che possono essere capaci di infiammare le coscienze».

Giordano conclude la sua riflessione toccando il tema della fiction - «non direi mai che vi si debba rinunciare a favore di una scrittura iper realistica» - e ricorda che oltre ad aver scritto Nel contagio, durante il lockdown, ha riletto Kafka, «cercando l’introspezione». E infine, torna sul tema centrale e conclude: «personalmente da uno scrittore mi aspetto una ricerca specifica, un cammino personale, una prospettiva, senza cedere un passo su cosa dire e il modo in cui farlo».

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