Mosesso, poeta contadino a 27 anni: da un borgo del Molise all'esordio nell'editoria

Mosesso, poeta contadino a 27 anni: da un borgo del Molise all'esordio nell'editoria
di Alessandra Farro
Lunedì 13 Settembre 2021, 16:01 - Ultimo agg. 16:06
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Un occhio attento e distante dal tempo moderno. Una ricerca costante delle radici, dell’appartenenza a un luogo, un ricordo, un amore. Una lingua sincera, che danza, e si fa portatrice di verità, dolci e scomode, nostalgiche e severe. Carmine Valentino Mosesso, classe ’94, di Castel del Giudice, piccolo borgo dell’Alto Molise, esordisce così nell’editoria, con la sua raccolta di poesie “La terza geografia” edita da Neo Edizioni.

Come nascono le poesie?
«Nascono dall'ascolto, soprattutto, e dalla mia permanenza nei campi. Il contadino passa tutti i giorni molte ore nei campi con gli animali e impara ad ascoltare non soltanto il vento, la piogga, la natura, ma anche gli uomini, la politica. Quando ti trovi da solo riesci a riflettere in modo più attento e ti chiedi se la direzione sia giusta, se produrre, a scapito di tutto e tutti, sia ancora possibile. La poesia è ascolto e interrogazione che proviene direttamente dall'univiverso, da ogni cosa. È un'interrogazione dello sguardo, la poesia».

C'è un filo conduttore tra le opere?
«Credo il filo conduttore sia proprio una nuova econologia dell'essere. Intesa non soltanto come ecologia che ti porta a scegliere tutti i giorni di fare la differenzia col sacchetto di plastica, ma come una sacralità verso le cose, un aproccio diverso alle cose. La sacralità provenie dalle cose finite, quindi tutto è sacro: l'acqua è finita, quindi è sacra, come il pane e il grano».

Perché un legame tanto profondo con i luoghi?
«Nasce da una forma di rispetto, di premura.

Se i luoghi sono arrivati a noi è perché qualcuno ci ha creduto, li ha costruiti e mandati avanti, anche in un paese di 50 abitanti c'è stato qualcuno che ci ha creduto. I luoghi sono dei testimoni del passato, che è arrivato alle nostre mani e a cui dobbiamo rispetto, come lo dobbiamo verso gli avi e verso noi stessi. Solo cambiando il nostro approccio ai luoghi si può cambare qualcosa. Il filo conduttore, quindi, si semplifica in una forma di attenzione verso i luoghi, gli unici testimoni del nostro passato. Nei luoghi e nello spazio c'è la realtà dell'epoca».

Quindi in questa raccolta ci sono soltanto una parte delle tue poesie?
«Sì, le altre su cui sto lavorando - anche se non so quando usciranno, dico che ci sto lavorando perché scrivo tutti i giorni - sono sul rapporto verso tutto. Si tratta di un'analisi ancora più interiore, di un lavoro sul paesaggio anche più profondo. Questa raccolta raccoglie quello che per il momento volevamo esternare - volevamo perché mi sono trovoto d'accordo con gli editori - far vincere il nostro sguardo migiore».

Prossimi progetti?
«Sono consigliere comunale e sto lavorando per ripartire dal pane. Le località di montagna storicamente sono legate ai cereali, quindi mi chiedo perché mangiamo grano canadese quando potremmo produrlo noi. Il mio intento è quello di riportare il mulino, la macina, simbolo dell'appennino, attraverso un crowdfunding, coinvolgendo la comunità: ognuno può dare la sua parte e il comune si impegna a mettere a posto il laboratorio, in modo da creare occupazione e far risorgere il nostro pane. Creare una comunità che torni a credere in se stessa attraverso quello che c'è stato sempre e che ci sarà, uno sviluppo sostenibile con una radice profonda».

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