Premio internazionale di poesia Alfonso Gatto a Emilio Isgrò

Quarantadue poeti cantano la città di Partenope: felice mix di testi contemporanei, in lingua napoletana e in italiano

Emilio Isgrò
Emilio Isgrò
di Erminia Pellecchia
Domenica 4 Giugno 2023, 16:00
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Tradurre Napoli in poesia. Ci vuole una buona dose di presunzione, era il monito di Rea, perché ogni tentativo di dare un'ennesima interpretazione della città porosa corre il rischio di ripetere il già detto. E ci vuole una buona dose di coraggio e di conoscenza, per compiere un'operazione di qualità come quella di Vincenzo Salerno, docente di Letterature comparate a Salerno e direttore del Centro interdipartimentale di ricerca Alfonso Gatto che, per Marlin editore, ha curato l'antologia Napolis. Quarantadue poeti cantano la città di Partenope: felice mix di testi contemporanei, in lingua napoletana e in italiano, alcuni editi altri mai prima d'ora.

Il libro il titolo è di Silvio Perrella che compare tra gli autori, tutti in ordine alfabetico da Franco Arminio a Luigi Trucillo passando per Franco Baino e Maurizio Cucchi sarà presentato il 17 giugno in apertura di «Salerno letteratura». Occasione il premio internazionale di poesia Alfonso Gatto, al suo quarantesimo anno, che per il 2023 va ad Emilio Isgrò, poeta, romanziere, drammaturgo, ma soprattutto artista visivo che con il suo «cancellare l'inutile», come titola il docufilm Rai di Guido Talarico, porta a galla «ciò che conta davvero» conquistando anche un pubblico di non addetti ai lavori. «Cosa di cui vado fiero», dice l'artista siciliano, classe 1937 - che, per l'antologia voluta da Dispac Unisa e Fondazione Gatto, ha realizzato l'inedito Scalinatella, «nome immediato, che richiama la celebre canzone», svela.

Un testo visivo dall'andamento musicale. Costruito in 30 strofe, tra blocchi pittorici (le cancellazioni) e parti scritte, compone la frase «Vedi Napoli e poi muori ma se ancora non l'ho vista vuol dire che non sono morto». 

Le parole suonano come la promessa di tornare «in una città meravigliosa che ho frequentato non quanto avrei voluto e che spero, un giorno, di conoscere più a fondo», dice l'artista. E confessa: «Quando Enzo mi ha chiesto un'opera, mi sono detto tutti adoriamo Napoli e così ho voluto agire su un luogo comune per invitare a leggere dietro le cancellature l'immagine di un luogo che è espressione di un paradosso non comune. Parlo da poeta: tanto più si degrada più diventa bella. In un momento in cui l'intero mondo si sta degradando, Napoli ha la fortuna di avere cose e un popolo che altri non hanno: ciò che la marca è la maggiore saldatura tra le classi sociali e un occhio sorridente di fronte al disagio. Quella napolitudine che troviamo in Eduardo e De Simone». Una Napoli «innamorata dei suoi vizi ma con la capacità di farli amare al mondo, bellissima, colta, una buona attenzione alle arti, artisti che nessun Paese ha, e un serio collezionismo. Lo dico per esperienza diretta: ho fatto mostre con Lia Rumma, Trisorio, Dina Caròla, recentemente a Castel Capuano. L'unico rammarico è l'aver detto no a Lucio Amelio, gallerista gentile e attento, ma all'epoca rincorrevo altri sogni». Napoli è città creativa, per Isgrò. E di creatività c'è bisogno oggi: «Il Made in Italy è fatto solo di sarti e cuochi, dimentichiamo gli artisti, e ce ne sono di validi tra i giovani, che non si fanno guidare dalle logiche del mercato; dimentichiamo il nostro passato con geni capaci di filosofare e poetare come Michelangelo, che hanno fatto la storia dell'arte», avverte. Poi Isgrò si dice felice per il Premio Alfonso Gatto: «Conoscevo bene Alfonso, ci vedevamo spesso a Venezia quando dirigevo l'inserto culturale del "Gazzettino". Eravamo affini, entrambi poeti e giornalisti; la sua poesia è cantabile, assolutamente non ermetica, lui attingeva alla grande tradizione napoletana. E sono felice di venire a Salerno, la città di amici come Filiberto Menna, Bonito Oliva e la Rumma». 

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