Sabrina Efionay racconta la sua storia vera: «Io, italiana solo a metà»

Sabrina Efionay racconta la sua storia vera: «Io, italiana solo a metà»
di Giovanni Chianelli
Martedì 27 Settembre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 28 Settembre, 07:27
4 Minuti di Lettura

Dopo tre romanzi (firmati Sabrynex) in cui le sue protagoniste erano di pelle bianca, adesso si è sentita pronta per scrivere la sua vicenda, speciale ma simile a tanti italiani di seconda generazione: da questa scelta è nato Addio, a domani. La mia incredibile storia vera (Einaudi) in cui la ventitrenne Sabrina Efionay, nata a Castel Volturno da una madre nigeriana giunta in Italia con un carico di sogni infranti dall'obbligo di mettere in vendita il proprio corpo, cresciuta quindi con una madre adottiva, racconta la sua vicenda: quella di una giovane donna troppo italiana per la famiglia di origine, troppo nigeriana per tanti italiani. Il libro è stato presentato ieri a Napoli alle Officine Gomitoli in un incontro che coinvolgeva giovani italiani di seconda generazione, incentrato sul tema dell'identità, della ricostruzione delle radici, del rapporto con i genitori: una sorta di circle time che ha come spunto di partenza gli estratti del libro e del podcast della Efionay, dal titolo «Storia del mio nome».

Efionay, ad ascoltarla c'erano diversi giovani che hanno in comune con lei la storia delle proprie origini.
«Sono interessata soprattutto a questo, molto di più che a parlare del mio romanzo.

Mi ricorda ciò che succedeva durante la pandemia quando si comunicava in remoto. Invece questi incontri sono soprattutto un'occasione di confronto: in passato avrei voluto succedesse a me, lo scambio di esperienze è di grande impatto. Lo sto sperimentando nell'ultimo mese anche presentando il mio libro nelle scuole».

Su cosa si soffermano i ragazzi?
«Sul coraggio che avrei avuto a raccontarmi. Dico avrei perché non credevo di fare alcun atto di coraggio, ho iniziato a scrivere soprattutto per sfogarmi. Poi dopo aver buttato giù la verità ho capito che era importante testimoniare».

Con la scrittura la sua vita ha avuto una svolta?
«Avevo scritto vari romanzi su storie di bianchi, perché ero cresciuta circondata da bianchi. E anche quando ho deciso di scrivere di una figura simile alla mia, afrodiscendente, ovvero nera, non mi soddisfaceva: l'avevo chiamata Emma, era una vicenda ambientata a Napoli, ma comunque immersa in un contesto di bianchi. Poi ho aperto gli occhi».

E che cosa l'ha convinta che raccontare in modo romanzato la sua vita sarebbe stato più giusto?
«Una serie di buchi da riempire che sentivo dentro di me. A quel punto la scrittura è venuta da sola, una narrazione che ha la forma sostanziale di una serie di lettere alla mia madre biologica, le parole che non le avevo mai detto: scrivere è diventato un modo per parlare con lei. E tutto è cambiato, perché così riuscivo a parlare di me come se fossi un'altra».

Dice spesso che la sua, come quella di tanti altri, è una condizione speciale perché non è mai stata nigeriana ma non è ancora italiana.
«Sì, è vero, siamo in sospeso. Ci sentiamo così perché non abbiamo ancora la cittadinanza, a volte ad età assurde, anche da maggiorenni, e magari non siamo mai stati nei Paesi d'origine. O semplicemente perché abbiamo la pelle nera e ciò non ci rende italiani al cento per cento. Ho dovuto fare un profondo lavoro su di me per sentirmi italiana in Italia e nigeriana in Nigeria».

È mai stata in Nigeria?
«Da piccola, la prima volta, è stato straniante avere tutte quelle persone nere attorno a me. Poi ci sono tornata, più consapevole delle radici, ma non ancora per un tempo sufficiente per riuscire a recuperarle del tutto. Di fatto so che il mio Paese vero è l'Italia».

Oggi ci svegliamo con una situazione politica diversa, la maggior parte degli italiani ha votato in una direzione. La preoccupa?
«Un po' sì. Ma non è un eventuale governo di destra a turbarmi quanto l'atmosfera cupa che si può creare attorno. Come se da oggi una buona parte dei miei concittadini si possa sentire legittimata a guardarmi in modo diverso. Temo un ritorno alla discriminazione quando pensavamo fossero temi superati definitivamente». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA